Oltre il Confine – Episodio 3 Gli eroi non piangono (aprile 2020)

Scritto da Paolo M.G. Maino

14 Lug, 2020

È uscito da qualche giorno il numero 4 della nuova serie da libreria Il Confine e quindi pur in tempi di rarefatti acquisti, ci sentiamo più liberi di pubblicare la nostra recensione del terzo episodio Gli eroi non piangono nella sezione Oltre il confine.

Caratteristica di questa sezione del blog dedicata al progetto multimediale è quella di unire due elementi e di soddisfare quindi due bisogni: una recensione nel senso tradizionale del termine che guarda al volume a 360° e una analisi piena di spoiler che vuole giocare con gli indizi presenti nell’albo in questione nel tentativo di capire i molteplici segreti del mondo de Il Confine. È un gioco e ci piace condividerlo con voi (e sentire, se vorrete, quello che ne pensate voi). Le due sezioni saranno ben distinte per consentire anche la lettura della sola recensione… ma attenzione che l’occhio casca! Poi non lamentatevi!

Pronti? Varchiamo Il Confine.

 

Il confine 3

 

Oltre il Confine – Episodio 3 Gli eroi non piangono

 

Dove eravamo rimasti?

Abbiamo lasciato Antoine perso in un loop temporale al termine del secondo episodio e ovviamente siamo in trepidante attesa delle sue scoperte e vorremmo anche semplicemente sapere dove sia andato a finire… ma Mauro Uzzeo e Giovanni Masi ci fregano e creano un percorso che è una apparente parentesi che ci butta indietro di praticamente 100 anni (un numero che sarà bene ricordarsi). 

Quindi per i primi due capitoli… niente pullman in posizione assurda sul versante della montagna, nessuna novità sui ragazzi scomparsi, nulla su quello che è il mistero da cui è partita la vicenda… ma ovviamente gli indizi saranno molti.

 

La storia del terzo episodio (spoiler free)

 

Nel paesino di montagna, centro della vicenda dei primi episodi, arriva un gruppo di soldati reduci della prima guerra mondiale che sbarca il lunario raccontando storie di guerra molto romanzate e raccattando così vitto e alloggio offerto dai sempliciotti paesani (è un meccanismo che ha un antecedente ben noto nella figura di Frate Cipolla protagonista della decima novella della sesta giornata del Decameron… se non l’avete mai letta, fatelo subito!). Il capo della banda è Enrico e attorno a lui si polarizza l’attenzione di due altri personaggi: Maria, sensuale e conturbante figura in totale contrapposizione con gli altri abitanti del paesino, infatti tanto gli uni sono bigotti, chiusi e moralisti, tanto Maria è spregiudicata, priva di inibizioni e insofferente alla staticità; e un bambino segnato da handicap fisici (storpio ad una gamba e orbo ad un occhio), il bambino per il quale nutriamo subito una certa simpatia è completamente conquistato da Enrico che vede come un eroe.

Tra forti pulsioni sessuali e meschini desideri di facili vie alla ricchezza la vicenda arriva ad un suo climax quando su consiglio di Maria, la banda di Enrico decide di derubare proprio la casa del ragazzino che vive con il padre e la zia, casa (e annessa famiglia) che ha una strana nomea come se fosse indemoniata.

Non racconto qui quello che succede per non cadere in spoiler (che lascio alla seconda parte della mia recensione). Vi basti sapere che il racconto delle vicende di Enrico, Maria e del ragazzino occupa i primi due capitoli del terzo episodio, mentre nell’ultimo capitolo torniamo al presente e scopriamo finalmente dove è finito Antoine, ma rivediamo ancora in azione Laura Denti (in un dialogo intenso con l’unica ragazza della classe IVB sopravvissuta perché rimasta a casa dalla gita) e soprattutto rivediamo ancora la stessa casa che ospitava la famiglia del ragazzino 100 anni prima. Tra l’altro è un capitolo pieno di rivelazioni e quindi non vedo l’ora di passare alla zona spoiler!

 

Carlo Ambrosini

 

La sceneggiatura e i disegni

 

Se la sceneggiatura di Masi e Uzzeo conferma alla grande la cura del prodotto, meritano ovviamente un commento i disegni di un vero maestro del fumetto italiano, ossia Carlo Ambrosini, qui supportato dai colori di Adele Matera. Il disegno di Ambrosini è immediatamente riconoscibili e appena sfogliamo un suo albo abbiamo l’immediata percezione che nel cuore e nella matita del disegnatore ci sia la volontà di rappresentare all’esterno quello che è all’interno. Ci può essere introspezione psicologica in un fumetto? Certo!

Ma è anche vero che se spesso questa introspezione è data dal testo con cui poi l’immagine consuona, per Ambrosini il discorso è quasi l’opposto come dimostrano tante vignette silenziose che raccontano molto di più di tante parole (Maria e il bambino sono in questo senso figure emblematiche). Insomma la tensione emotiva e psicologiche di questo numero ha trovato in Ambrosini l’autore ideale per far esplodere quelle frizioni sotterranee e quasi inconsce che albergano nel cuore dell’uomo.

 

La copertina

 

Ancor una volta LRNZ gioca sui simboli per la sua copertina. Il bambino, il soldato con il volto che brucia, la casa antica, cupa, scura e un solo colore: il rosso della croce su un libro (vangelo o breviario che sia). La copertina recupera in parte l’illustrazione di Carlo Ambrosini presente nel Portfolio de Il Confine (e di cui abbiamo parzialmente già parlato).

 

Carlo Ambrosini

 

I redazionali

 

Sempre curatissimo il fronte dei redazionali curati da Marco Nucci per quanto riguarda le interviste. Per chi ha fame di ‘making of’ abbiamo sempre qualche tavola dalla sceneggiatura all’esito finale passando per i layouts (di Federico Rossi Edrighi) e le matite. Tra l’altro c’è anche un interessante segreto nel segreto. Nella prima pagina di presentazione del soggetto inviata ad Ambrosini, Masi e Uzzeo dichiarano che il colpo di scena finale del secondo capitolo viene lasciato in sospeso con l’avvio della vicenda ambientata nella prima guerra mondiale… solo che quel colpo di scena è in realtà la doppia splash page di pp. 56-57 e quindi in fase di produzione si è deciso di lasciare ancora più in sospeso il destino di Antoine Jacob travolto da un loop spazio-tempo alla fine del secondo episodio.

 

Carlo Ambrosini

 

Vi è piaciuta la presentazione fin qui? Se non lo avete ancora fatto, procuratevi il volume! Qui ad esempio su IBS.it.

 

Andiamo oltre… (zona spoiler! Sappiatelo!!!)

 

p.6 il particolare della fontana attorno a cui si trovano i soldati e i paesani è forse un filo rosso? C’è un volto nella pietra. È vero che si tratta di una decorazione tipica in tante fontane, ma c’è una insistenza che ci ricorda altri volti nella pietra visti nella montagna nei primi episodi.

p.19 il padre rimprovera il bambino che è tornato a casa molto tardi: «Hai dimenticato perché sei costretto a portare la stampella? O perché tua zia è ridotta in questo stato?» E il bambino replica: «Lo so! Quello che è sulla montagna non deve essere disturbato!». La zia e il nonno e il bambino sono dei ‘segnati’ da quello che non deve essere disturbato sulla montagna. Quello? Cos’è? Chi è?

p.27 in una sorta di delirio religioso la zia nuda si autofustiga con un flagello riempiendosi di ferite e sporcando di sangue la stanza dove si trova che è anche piena di crocifissi e intanto grida: «Tienilo lontano!». Ferirsi, punirsi serve ad allontanare il male. Ma è un folle delirio o un preciso rito?

pp.35-41 tutta la scena finale che porta alla morte di Enrico e di tutta la banda di soldati, mostra due elementi: l’unità di papà, zia e bambino (chissà dove è finita la madre…?) e la forza e la resilienza inverosimili (dis-umane?) del papà e della zia. Il papà è uno specie di colosso che non può essere realmente abbattuto. Ed è Aurelio (diciamolo qui il nome che viene fatto a p.44) a tirare le file: «Quello che è sulla montagna non deve essere disturbato e noi dobbiamo resistere perché ne siamo i custodi». Aurelio e famiglia sono custodi. Di cosa? Della montagna o del suo segreto? Del segreto degli squarci?

p.44 Il bambino è Aurelio, l’anziano uomo che abbiamo visto negli altri episodi… ma questo vuol dire che se il padre ha una forza sovrumana pur segnato nella carne (come è anche Aurelio, storpio e orbo e dal preview del n.4 di p.66 anche piagato nella pelle), il figlio ha una longevità eccezionale (ben più di 100 anni ormai) o forse sarebbe meglio dire anche in questo caso una longevità dis-umana?

p.45 dal piccolo Aurelio al vecchio Aurelio che parla con il figlio Libero che lo vuole tranquillizzare sulla morte di Marco, il figlio di Glauco, dicendo che è stata una semplice caduta da cavallo. Ma Aurelio ancora una volta taglia corta e afferma: «Non c’è niente di naturale in quello che succede su questa montagna, Libero… niente!».

p.47 il dramma di Glauco che ha perso Marco (e prima scopriamo ha perso la moglie) si lega a quello di Laura Denti che ha perso il figlio David (e la copertina del numero 4 direi che esplicita quanto intensa sia la sofferenza ancora per Laura).

p.49 Il commissario italiano sul luogo di ritrovamento del pulmino così dichiara «Al di là delle tracce di sangue e delle scritte, nessuno riesce a spiegarsi perché metà sia in uno stato di decadimento che l’altra metà non ha subìto». Ancora una volta abbiamo indizi sulle sfasature temporali prodotte per motivi misteriosi nella montagna (e che sono ben descritte nel racconto contenuto nell’Art Portfolio).

p.51 Laura nel tentativo di mettere alle strette Aurora per avere i codici di sblocco degli smartphone dei ragazzi tocca il legame tra la ragazza e due compagni: Benedetta e Pierre (già visti nel flashback del secondo episodio)

pp.54-55 dodici scheletri disposti in modo rituale, volti deformi e mostruosi alle pareti e sicuramente qualcosa d’altro che non notiamo. Sembra che tutto sia risolto, o meglio che almeno i 12 sfortunati alunni della 4B siano stati ritrovati. Ma le domande aumentano: come è possibile che siano in quelle condizioni? E poi sono veramente i ragazzi? 

pp.58-59 uno dei fratelli dei ragazzi scomparsi è un poco di buono che traffica droga per conto di loschi figuri (inquietante sia la gigantesca donna a capo dell’organizzazione sia il di lei figlio che ha un evidente ritardo mentale) che si occupano anche di commercio di migranti (quei migranti da cui siamo partiti nel primo capitolo della storia). Ad aggiungere morbosità alla scena è il luogo: una casa malandata che è ‘la casa’ della famiglia di Aurelio che si è rovinata nell’incendio.

 

 

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