Continua la nostra Mister No Story e dopo avervi presentato il primo e il secondo numero, addentriamoci in un altro numero a cui i lettori storici di Mister No sono molto affezionati: L’ultimo Cangaceiro (e non a caso un numero delle recenti nuove avventure di Mister No ricordava la vicenda dei Cangaceiros del Sertão).
Perché questa affezione? Cerco di spiegarlo attraverso alcuni rapidi spunti della mia pillola di recensione, ma intanto cominciamo a dire che dopo Ferri e Donatelli, in questo terzo numero vediamo l’esordio misternoiano di Franco Bignotti, Bignot per gli addetti ai lavori. Un compianto disegnatore che ha fatto della dedizione e passione per il suo lavoro un marchio di fabbrica e che ha formato generazioni di disegnatori italiani; un disegnatore amatissimo tra quelli della scuderia bonelliana; un disegnatore che sapeva stare al servizio della storia come pochi altri.
Ma passiamo a dare i nostri rapidi flash sull’albo che conferma come sceneggiatore unico Guido Nolitta.
L’ultimo Cangaceiro – Mister No n.3 (agosto 1975)
Soggetto e sceneggiatura: Guido Nolitta
Disegni: Franco Donatelli e Franco Bignotti
Copertina: Gallieno Ferri
Il mito del buon selvaggio
La conclusione della storia disegnata da Donatelli ripropone il mito del buon selvaggio. Il papà del co-protagonista della vicenda, il cliente di Mister No, viene alla fine ritrovato, ma non vuole tornare alla ‘presunta civiltà’ degli Stati Uniti perché ha scoperto la realtà degli Aymarà, un popolo semplice, quasi ingenuo, che vive in mezzo alla natura in sintonia con essa. Abbiamo cosi tre personaggi che rappresentano tre posizioni nei confronti del ‘progresso’: il figlio che alla fine corre verso la nave, evidentemente contento di aver chiuso la parentesi amazzonica; il padre che cambia vita; e Jerry che è a metà strada tra le due realtà perché … perché è Mister No! E questa era davvero pensata come la sua prima avventura (come lo è Il monolito nero per Nathan Never)
Dai Seminoles ai Cangaceiros
Eh sì, per gli zagoriani di ferro, la storia disegnata splendidamente da Bignotti è un colpo al cuore che ricorda una delle storie più belle della saga zagoriana quella dei Seminoles guidati da Manetola, personaggio intenso e tragico della fantasia nolittiana. Come i Seminoles anche i Cangaceiros sono degli sconfitti, ma il canto triste dei vinti può diventare l’inno alla libertà e al diritto all’autodeterminazione. Temi nolittiana e bonelliani da sempre.
Darle e prenderle
Mister No non è davvero Zagor e ovviamente nemmeno Tex. Per quattro volte fa a botte in questo albo e per ben due volte perde miseramente nello scontro (contro gli indios Aymarà e contro il campione di Capoeira) e tutto sommato i due scontri che vince nascono da un gesto improvviso del nostro che non dà tempo di difendersi ai malcapitati. C’è un realismo che sa di vita reale ma che non dimentica di essere fumetto ed avventura.
Tempi distesi e lunghi come quello amazzonici
Anche la terza avventura di Mister No ha un lento prologo che tutto sommato ha un legame tenue con la storia principale e serve solo a dare il clima generale. Ma forse dire ‘solo’ è dire poco, perché questo è anche Mister No, un fumetto in cui la parola ‘continua’ è una costante e dove partiamo sempre in mezzo alla vita del personaggio, alle sue disavventure, ai suoi vizi, alle sue ingenuità (e del resto una delle saghe che amo personalmente di più del personaggio – la trasferta africana – nasce proprio per un incidente tipico del modo di agire di Jerry Drake!).
Che differenza con i racconti a fumetti oggi dove tutto deve sempre accadere e tutto deve sempre essere legato a qualche trama sottesa! Non che mi dispiacciano, ma in realtà sul treno di Mister No si poteva (e si può) salire in qualsiasi momento e questa è una intuizione nolittiana notevole.
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