Come da consuetudine da circa un anno a questa parte, le recensioni dedicate alla serie Tex Willer edita dalla Sergio Bonelli Editore a partire da novembre 2018 hanno cambiato forma: non più recensioni albo per albo tradizionali, ma recensioni della storia completa. Questo perché il formato della serie, albo a 64 pagine, mal si adatta a un commento mese per mese, ma solo a lettura ultimata, specie alla luce del fatto che le storie durano anche quattro o cinque numeri. Perché ripetere per cinque volte lo stesso commento inerente ai disegni o alla sceneggiatura? A meno che non vi siano sostanziali differenze fra un albo e l’altro, tanto varrebbe fare un semplice copia/incolla.
Ciò detto, ecco la recensione dell’ultima lunga saga di Tex Willer: I razziatori del Nueces scritta da Mauro Boselli, creatore e curatore della serie, e disegnata da Bruno Brindisi, una delle due colonne assieme a Roberto De Angelis.
I razziatori del Nueces – Tex Willer nn. 24-28
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni: Bruno Brindisi
Copertine: Maurizio Dotti
Come ripetuto più volte, Tex Willer è una serie ambientata ai tempi in cui Tex era un giovane fuorilegge solitario. Proposito della collana è quella di presentare di volta in volta storie inedite che vadano ad approfondire la personalità di questo giovane bandito scavezzacollo sempre dalla parte della giustizia pur essendo in fuga dalla legge. Affianco alle storie inedite, che finora compongono la maggioranza assoluta, ne sono state previste altre il cui scopo è riprendere quelle classiche di Gian Luigi Bonelli per approfondirle e mostrare antefatti o seguiti mai raccontati.
Ne I razziatori del Nueces si va a toccare un evento sacro nella lunga saga di Tex, ovvero la storia Il passato di Tex risalente alla fine degli anni ’60 in cui viene raccontata la giovinezza dell’eroe. In circa 200 pagine, forse qualcosa di meno, viene narrata la morte del padre di Tex e di Gunny Bill, autentico maestro di vita dell’eroe. Dopo il dissidio con il fratello Sam, Tex si dà al vagabondaggio e diventa il re del rodeo incontrando lo stallone Dinamite, ma viene a sapere che Sam è stato ucciso dalla cricca di Tom Rebo e decide di fare vendetta.
La storia classica di Bonelli viene rispettata per circa i primi due albi de I razziatori del Nueces per poi prendere una direzione diversa: viene raccontato l’ultimo scontro tra Tex e Coffin, la nemesi dei suoi primi anni di vita editoriale. Creduto morto al termine di Vivo o morto, prima storia di questa serie, a sua volta remake de Il totem misterioso, prima storia in assoluto di Tex, Coffin ha messo insieme una banda di trafficanti d’armi e opera sul confine messicano. Fra lui e Tex, spalleggiato dall’ormai ex ladro di cavalli Jimmy Jones, infuria un odio mortale e l’ultimo scontro che li vedrà fronteggiarsi faccia a faccia si fa sempre più vicino.
L’ho già detto, ma lo ripeto: è evidente che Mauro Boselli si diverte un mondo a raccontare le avventure del giovane Tex. Che sia perché può permettersi di raccontare il suo personaggio preferito in un modo nuovo e diverso dal solito o perché si sente di nuovo giovane (e magari le due cose sono collegate), fatto sta che Boselli è sempre in ottima forma quando si tratta di raccontare le storie del giovane Willer e anche questa volta non fa eccezione.
Come nel caso di Vivo o morto, anche qui la parte del leone la fanno, inconsapevolmente, i primi due albi della storia in cui viene ripreso Il passato di Tex. Sarà che si tratta di una vicenda, per quanto non così bella come si potrebbe pensare, che noi lettori appassionati ci siamo letti più e più volte che certe scene le sappiamo a memoria al punto da farci fregare dalla nostalgia canaglia, ma la parte in cui Boselli riscrive Bonelli è senza dubbio la migliore. Il terzo e quarto albo portano avanti la vicenda introducendo nuovi personaggi inediti come la bella Soledad e riportando in scena Jimmy Jones, anche lui vecchia conoscenza di Tex e Coffin. Soprattutto, fa la sua prima comparsa un certo ranger con baffi e pizzetto scuri che una ventina di anni dopo avrebbe assunto un certo soprannome… Ma non corriamo troppo.
Questa cinquina si conclude in modo drammatico, con picchi di pathos e di intensità emotiva che su Tex è abbastanza raro trovare.
Un plauso quindi a Mauro Boselli per il modo in cui sta portando avanti questa serie.
E complimenti anche a Bruno Brindisi per come ha saputo raccontare questa storia. Con ben dieci albi è l’autore più pubblicato sulla collana seguito direttamente da Roberto De Angelis con otto numeri e Michele Rubini con sei. Brindisi mette la propria matita al servizio di questa storia ambientata nell’assolato sudovest e apparentemente il suo stile chiaro e arioso mal si sposerebbe con questo scenario, eppure, come già accaduto per I due disertori, risulta essere perfettamente adatto per rappresentare le atmosfere polverose e pregne di sudore.
Insomma, una bellissima storia che ripercorre il classico di Bonelli senza snaturarlo, ma, anzi, arricchendolo di numerosi particolari che permettono di apprezzarlo ancora di più. Quasi due storie in una, più o meno come accadeva nelle prime storie di Tex in cui non si capiva bene a che punto una finisse per dare spazio ad un’altra.
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