«Saigon, merda, sono ancora solo a Saigon!» questa è la prima fulminante analogia che mi è balzata in testa leggendo Giungla, quarto capitolo della serie Senzanima (si lo so è appena uscito il quinto volume Redenzione e io mi attardo nella recensione del quarto… ma è una scelta precisa che faccio sui volumi da libreria che si possono recuperare comodamente dai vari shop online e soprattutto nelle vostre librerie preferite: per evitare qualsiasi spoiler aspetto tendenzialmente che esca il numero successivo per essere libero nel commentare. Main ogni caso Redenzione è già in mano mia e prima o poi ne parlerò anche qui oltre che su FumettiAvventura Tv). Ed effettivamente i paralleli con la guerra del Vietnam sono davvero numerosi e ulteriormente alimentati in casa Bonelli dall’uscita un paio di anni fa della prima storia del Mister No Revolution (Vietnam). Due storie che hanno avuto la loro genesi separata, ma lo stesso immaginario di riferimento.
Ma procediamo con ordine.
Senzanima è la serie da libreria audace (o Audace?) che presenta le storie del giovane Ian Aranill quando a 16/17 anni è scappato di casa e si è unito alla compagnia di mercenari Senzanima. È uno spin-off della serie regolare Dragonero dai temi maturi (parola che non amo particolarmente) ovvero scene e linguaggio forti non da educandi. Il contraltare ideale hard della versione kids ferma per un prolungato pit stop dopo il dodicesimo numero.
Senzanima si presenta come una serie da libreria di probabili 24 numeri a cadenza semestrale (ma il Covid ha rallentato tutto). Ampio formato, disegni spettacolari, gabbia Bonelli scomparsa (ma è così anche nella serie regolare), un prodotto alla francese corredato sempre di ottimi redazionali e dietro le quinte.
Ad aprire poi abbiamo sempre la copertina di Mario Alberti che è un bel vedere e questa volta richiede anche una bella riflessione aggiuntiva.
Giungla – Senzanima n.4
Soggetto e Sceneggiatura: Luca Enoch
Disegni: Manolo Morrone
Copertina: Mario Alberti
Colori: Paolo Francescutto
La storia di Giungla è presto detta. Nell’attraversare un tratto del Suprelurendàr dal microclima equatoriale, la banda di Greevo Senzanima viene assalita dai ghoul che rapiscono l’elfo arciere Avedis e la bella lottatrice dei regni meridionali Maadi e li fanno loro prigionieri.
Da questo inizio la vicenda si dipana su due filoni: la prigionia di Avedis e Maadi e la missione di liberazione a cui partecipano Greevo stesso, Siran (anche lei arciere e abile all’arma bianca), il Carogna e ovviamente Ian.
La prigionia è trattata come scene simili di film sul Vietnam: crudeltà, umiliazione, violenze gratuite. Ma altrettanto dura e senza compassione è l’azione di liberazione orchestrata dove non vengono risparmiati nemmeno i bambini. E poi c’è l’inganno… ma quello che colpisce dalla sceneggiatura di Luca Enoch è che l’ingannato altri non è che il piccolo Rhooga, un ghoul che darà del filo da torcere a Ian adulto e che rientra nel numero dei cattivoni della serie regolare (e per me anche tra quelli più riusciti e funzionali).
I creatori e curatori dell’universo di Dragonero (la triade Enoch, Vietti supportati da Barbieri) hanno deciso quindi di fare un’operazione di ret-con delicata, ma sostanziale. Il cattivo Rhooga ha maturato il suo odio perché è stato ingannato perché ingenuamente si è affidato a degli umani desideroso di conoscere il mondo oltre alla vita della sua tribù (vuole avere anche lui spade e armi di ferro). Un desiderio sbagliato? No, ma verghianamente pare che lo staccarsi dell’ostrica dallo scoglio abbia un solo esito possibile: la morte dell’ostrica ovvero la sconfitta del debole che spera di cambiare in meglio la vita.
Dietro a Rhooga senza scomodare Verga, c’è più probabilmente lo Smeagol tolkeniano pronto a diventare Gollum. Ma ora rileggere in particolare la prima storia bellissima ambientata nella terra dei Ghoul nella serie regolare vi farà lo stesso effetto?
Soffermandoci sui personaggi e le azioni della compagnia dei Senzanima continua lo schema base: ogni numero approfondisce alcuni elementi del gruppo e questa volta tocca in particolare a qualche sfaccettatura dell’animo del Capitano Greevo. Prima è duro nel rimproverare Ian con quella insistita domanda: «Vuoi sapere come sono morto? Vuoi sapere come sono ritornato?», domande che feriscono l’animo del giovane ragazzo che ricorda la morte e il triste ritorno ad una non-vita del fratello (bellissima la scena muta con taglio Dragonero Adventures alle pagine 10-11 che rievoca quel triste episodio della vita di Ian e Myrva [potete vedere qui sotto p.10 ed apprezzare anche il cambio di stile e colorazione tra la tavola ‘senzanima’ e quella ‘adventures’]); poi, però, si mostra capitano fino in fondo perché parte senza indugio per cercare di liberare Avedis e Maadi.
È una storia che si legge volentieri anche se forse l’ho sentita meno drammatica e tesa delle precedenti (sicuramente meno rispetto ai primi due volumi di cui potete trovare la recensione qui e qui e non ci siamo ovviamente dimenticati di recensire anche il terzo volume di Enoch/Buscaglia).
Il comparto grafico è impreziosito dal lavoro di Manolo Morrone che si fa trovare ben preparato per questa prova importante. Adatta il suo stile per farci sentire di più la schiettezza e la ruvidità della vita dei Senzanima; sa modulare il tratto per la scena del sogno/ricordo di Ian per la morte e ritorno del fratello Drev; cura la resa del mondo primitivo, tribale, semplice e violento dei ghoul e ci lascia un’interpretazione importante di Rhooga (che del resto aveva già disegnato nel numero 19 della serie regolare a supporto di Gianluca Pagliarani) e soprattutto dell’inizio della sua evoluzione; sulla impostazione della tavola massima libertà e ne ricaviamo pieno gusto soprattutto nelle tavole doppie unite da uno sfondo comune come quella qui sotto.
Sempre impeccabili i colori di Paolo Francescutto che qui giocano sulle atmosfere all’Apocalipse Now.
Come anticipato, la copertina di Mario Alberti è un gioco di citazioni interne perché presenta a posizioni ribaltate il faccia a faccia tra Ian e un ghoul come nel numero 19 della serie regolare (la copertina in quel caso era di Matteoni). Ve le accosto per poter apprezzare in pieno il gioco a chiasmo.
Ottimo il lettering di Marina Sanfelice (amo davvero la scelta fatta per Senzanima anche rispetto ai baloons che non hanno nulla di rassicurante e partecipano del tono spigoloso del racconto) e ottimi ancora una volta una ricca redazionali. Se volete un bel prodotto, curato, bello da rileggere nel tempo, non vi sbaglierete a procurarvi un volume di Senzanima!
Alla prossima recensione!
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