Volentieri diamo voce a questa acuta teoria del nostro Francesco Benati che può offrire una linea di interpretazione della miniserie Mister No Revolution (che ci sta piacendo molto per inciso) che suscita continue e anche comprensibili discussioni (e questo è già un bene!).
In occasione di Lucca Comics & Games 2018 è stato presentato il volume Mister No Revolution – Vietnam scritto da Michele Masiero e disegnato da Matteo Cremona sotto l’etichetta Audace dela Sergio Bonelli Editore. Non mi dilungherò sul volume, di cui ho ampiamente trattato qui, ma sulle reazioni.
Premessa: Mister No Revolution è un What If, ovvero ipotizza un Mister No (creato originariamente da Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, nel 1975 e che ha terminato la sua corsa nelle edicole nel 2009) nato circa 25 anni dopo rispetto alla biografia ufficiale del personaggio. Se il Mister No nolittiano è nato nel 1922, questo è nato nel 1967. Se il primo affronta il dramma della Seconda Guerra Mondiale, questo si trova faccia a faccia con gli orrori del Vietnam, eccetera. Aspetto fondamentale, la serie tradizionale di Mister No risale al 1975, con tutti i suoi schemi narrativi e i suoi canoni in fatto di violenza, scene esplicite, ecc. Questa, invece, è uscita oltre quarant’anni dopo. Nell’epoca odierna, un abisso.

Le reazioni sono state le più disparate: chi non conosceva il Mistero No classico, oppure ne aveva letto solo alcune storie ben selezionate (tipo il sottoscritto), ha valutato Revolution nel merito. Chi conosce a menadito il Mister No classico, invece, ha avuto due reazioni opposte: c’è stato chi, pur notando tutte le inevitabili differenze, è riuscito a scindere le due cose e ha dato un giudizio nel merito, e chi ha fatto continui raffronti con il vecchio Mister No e ha giudicato negativamente il nuovo per il semplice fatto di essere diverso.
Il vecchio Mister No era allegro e solare, questo è cupo e triste, quindi non è lui e quindi non mi piace.
Il livello di alcuni commenti è questo.
Tutto questo preambolo per arrivare al nocciolo della questione.
Approfittando del periodo di ferie natalizie, ho messo ordine su alcuni pensieri e mi è uscita una provocazione piuttosto interessante.
E se questo Mister No Revolution, invece di essere un semplice What If fosse il Mister No originale?
Cioè se il vero (per quanto possa essere vero un personaggio dei fumetti) Mister No fosse quello di Revolution?
Come dite?
Ho bevuto troppo spumante?
Può essere, ma il ragionamento è stuzzicante e, a mio avviso, rappresenta il miglior modo possibile per leggere Mister No Revolution ed essere felici.
All’epoca della sua uscita nel 1975, Mister No rappresentò una piccola rivoluzione, della quale ci si sarebbe accorti solo molto tempo dopo: si trattava del primo personaggio della Sergio Bonelli Editore ad avere una collocazione temporale moderna e accessibile. Il primo albo inizia alla fine del 1951, cioè quasi 25 anni prima la data di uscita di Mister No. Per Bonelli era già uscito Il Comandante Mark che aveva una collocazione temporale precisa, la guerra d’indipendenza americana, ma troppo lontana per essere raggiungibile. Invece erano ancora in tantissimi quelli che avevano esperienza dirette del 1951.
Mister No nasceva dalla passione di Sergio Bonelli per i viaggi, in particolare per una serie di viaggii in Amazzonia che lo ispirarono profondamente. A questo punto i lettori scrissero parecchie lettere a Sergio Bonelli per chiedergli se, nel corso del viaggio, avesse incontrato veramente Mister No.
Ovviamente il buon vecchio Jerry Drake è un personaggio di fantasia, ma Bonelli rispose più volte di essere stato ispirato da un pilota che aveva conosciuto in Messico e che si faceva chiamare Capitan Vega.
Mi avete seguito fin qui?
Bene, passiamo momentaneamente a Mister No Revolution.
La storia inizia alla fine degli anni ’60, in piena guerra del Vietnam e vede le vicissitudini di un giovane Jerry Drake. L’esperienza militare lo porterà, è sicuro, a diventare un reduce e, dopo alcuni guai, riparerà in Amazzonia. Questo non me lo sto inventando, ma si tratta delle cose che ha detto Michele Masiero, Direttore Editoriale SBE e burattinaio dell’intera operazione. Ci saranno versioni Revolution di Patricia Rowland (amica/fidanzata di Mister No), di Esse-Esse (all’anagrafe Otto Kruger) e altri.
Sono prontissimo a scommettere che il finale della miniserie sarà ambientato nei primi anni ’70, forse addirittura nel 1975, data simbolica per l’inizio delle pubblicazioni di Mister No.
Il collegamento fra le due serie non finisce di certo qui. Come riportato da Luigi Mignacco, a lungo sceneggiatore di Mister No e mente della prossima miniserie dedicata al personaggio classico, diversi aspetti del Mister No anni ’50 si riverberavano sui lettori degli anni ’70. Le storie di guerra di Mister No sul Pacifico e in Italia rimandano ai servizi sulla guerra in Vietnam che si vedevano in televisione. La fuga dal consumismo e dalla società massificata di Mister No sul mensile ricordano molto le contestazioni degli anni ’70 contro i medesimi bersagli. C’era quindi un parallelismo tra le avventure di Jerry Drake negli anni ’50 e quello che i suoi lettori vivevano sulla propria pelle circa 25 anni dopo.
Questi aspetti mi fanno propendere per la seguente chiave di lettura: Mister No Revolution non è da considerarsi come un What If o qualche altra diavoleria da nerd, ma come la storia del Mister No originale, quello al quale si sarebbe ispirato Bonelli per la creazione del suo personaggio prediletto.
Si tratta di una chiave di lettura astratta, in quanto, ripeto, Mister No non è mai esistito, ma la ritengo il modo migliore di concepire la fruizione di questa serie senza cadere nelle solite discussioni del tipo questo non è il vero Mister No e simili.
Non mi stupirei se Revolution si chiudesse con Jerry Drake che, nella Manaus dei primissimi anni ’70, incontra Sergio Bonelli e gli racconta la sua storia, oppure gli consegna le sue memorie per dirgli ecco, qui c’è la mia storia, fanne ciò che vuoi. Si tratta di un espediente narrativo usato milioni di volte (I promessi sposi e Il nome della rosa, giusto per citare due titoli) e che rappresenterebbe, se mai accadesse, un colossale omaggio metafumettistico a Sergio Bonelli e alla sua creatura.

Questo, a mio avviso, è il modo migliore per godersi la lettura di Revolution. Naturalmente tutto ciò non basta. Occorre anche la buona volontà del lettore di non rimanere intrappolato nel concetto del Mister No classico (che comunque ritornerà fra pochi mesi) ed è necessaria una certa apertura mentale per poter accettare in pieno il discorso fatto fino a questo momento. Nessuno pretende che tutto piaccia a tutti, e meno male che non succede, ma visto che la lettura di un fumetto richiede tempo e denaro, forse sarebbe meglio avere qualche linea guida per capire come leggere determinate cose.
Fermo restando che ognuno può benissimo decidere di ignorare il mio ragionamento (e ciò non significa che non abbia delle fondamenta), il mio consiglio è di provare a leggere Revolution sotto l’ottica che ho proposto e vedere che effetto vi fa.
E voi che ne pensate? Venite a parlarcene nel gruppo facebook L’avventura a fumetti da A(dam) a Z(agor) e attendete con noi la nuova linea narrativa ambientata sulla West Coast americana!
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