Il Poeta – Nathan Never 327
Soggetto e sceneggiatura: Bepi Vigna
Disegni: Romeo Toffanetti
Copertina: Sergio Giardo
Il Poeta nasce dalla mente di Bepi Vigna, uno dei padri di Nathan Never, che decide di giocare con i lettori, non solo tenendoli in sospeso per un mese, ma anche sfidandoli a capire quale possa essere la verità dietro l’indagine sul passato di Joe Vengeance. I più affezionati lettori di Nathan ricordano questo nome, celebrato autore ed artista del mondo futuro che a più riprese è tornato nella vita del nostro investigatore, diventando uno dei suoi autori preferiti.
Ma Nathan avrebbe mai immaginato di dover un giorno indagare sulla sua vita? Dopo anni di reclusione volontaria, Vengeance decide di assumere un investigatore privato per scoprire come mai degli strani ricordi stiano ora emergendo nel suo subconscio, spaventandolo e soprattutto portandolo ad interrogarsi su quanto ci sia di vero.
Il tema è sicuramente affascinante, soprattutto se raccontato con il solito garbo di Vigna. Il personaggio di Vengeance è un perfetto esempio di artista eccentrico, quella celebrità che emerge sporadicamente nel mondo del gossip e che viene osannato proprio per questa sua aura di mistero. Stupisce però che il mistero avvolga il personaggio al punto che egli stesso dubiti della propria mente, dei propri ricordi.
Vigna sa come stuzzicare la curiosità dei lettori, e lo dimostra ancora una volta. Per tenerci ben ancorati all’albo ha ideato un ritmo intenso, in cui vengono lentamente inseriti nuovi indizi che acuiscono il senso di curiosità. Di sicuro aiuta l’avere creato una certa familiarità tra la storia e i lettori dell’albo, un terreno comune con l’autore che lo sceneggiatore sardo non esita ad usare.
Difficile non ravvisare in Il Poeta i richiami ad un caposaldo della fantascienza come Blade Runner. Merito è anche di Romeo Tofanetti, che rimane uno dei miei disegnatori preferiti dell’agente Alfa. Il disegnatore veneto va ammirato per come, specialmente nei primi istanti, ha saputo dotare la segretaria di Vengeance, Rachel (occhio al nome!), delle stesse pose e movenze di quella Rachel che ha fatto innamorare gli appassionati di Blade Runner.
Ma andando oltre, i richiami alla pellicola di Scott sono disseminati per tutto l’albo, dall’uso delle fotografie e la loro importanza, alla sigla di un test effettuato da Vengenance, il TVK, che credo abbia una certa attinenza al Test Voight-Kampf, toccando anche uno dei personaggi più ingenui del film di Scott, J.L. Sebastian. L’idea stessa dei ricordi e della loro importanza, del nostro rapporto tra realtà e ricordo è uno dei legami più forti tra il mondo di Deckard e questa storia di Vigna.
Questa dicotomia tra realtà e percezione, tra ricordo reale e alterazione cosciente, diventa il fulcro di una storia in cui aleggia un’inquietudine che si trasmette ai personaggi, in cui sono del tutto assenti i sorrisi e gli attimi sereni, soffocati da questa pressione costante che avvolge il tutto in una coltre di dubbio e angoscia. Di sicuro è una bella idea quella di omaggiare, neanche troppo velatamente, Blade Runner, ma mi aspetto che da questa interessante partenza, Vigna sappia spingersi oltre, verso un colpo di scena imprevedibile. Ultimamente Nathan Never sta mostrando di avere il coraggio di osare e sondare strade nuove, come dimostra l’ottima gestione di Generazioni, ed una simile carica vitale dovrebbe arrivare anche nella serie regolare, dove, adeguatamente diluita al rispetto dello spirito del personaggio, potrebbe proiettare la serie Bonelli ad un nuovo periodo di splendore.
In tutto questo, credo che Tofanetti si sia divertito parecchio ad inserire così tante citazioni anche ad altre storie. Da Futurama all’Eternauta, passando per l’arte con una citazione al celebre I nottambuli di Hopper fino alle tavole in cui Vengeance (che mi ricorda parecchio Stanley Kubrick, specie nei flashback) racconta la sua visione del mondo, in cui i riferimenti alla cultura pop e fantascientifica si inseguono, Toffanetti ha deciso di sbizzarrirsi, creando anche degli effetti visivi particolarmente riusciti, come la mano di nebbia di inizio albo. Per tutto Il Poeta, la bravura di Tofanetti si spinge oltre, azzardando anche nuovi effetti che vogliono arricchire la percezione degli sfondi, o enfatizzare il virtuale con dei giochi di livelli che sembrano andare oltre i limite del disegno bidimensionale.
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