Il circo è spesso stato oggetto di racconti dell’orrore e del mistero e anche la saga di Dampyr ha già vissuto tenebrose avventure legate al mondo del circo (lo abbiamo visto nel bel racconto di Giusfredi e Fortunato Il Licantropo di Matera). Del resto è un luogo di illusioni e di magie reali o finte che siano, di mostri e di acrobazie. La storia di Jack Lantern sfrutta in pieno questo leitmotiv e lo unisce a tradizioni celtiche (le origini di Halloween) nella verde (qui si fa per dire visti i forti chiaroscuri) e soprattutto piovosa Irlanda.
A servirci questo piatto che si muove tra storia, folklore, scontri demoniaci e illusioni (appunto) è la coppia Nicola Venanzetti (testi) e Michele Cropera (disegni) già vista in azione ne Il Pittore della scuola nera.
La storia di Jack Lantern – Dampyr n.260
Soggetto e sceneggiatura: Nicola Venanzetti
Disegni: Simone Delladio
Copertina: Enea Riboldi
Venanzetti ci racconta una storia horror apparentemente slegata dalla continuità dampyriana (ma non è mai così) che è un altro omaggio dopo il suo Capodanno celtico alle tradizioni popolari nordiche. Scopriamo infatti da dove viene l’abitudine delle simpatiche zucche americane con lanterne ben più inquietanti irlandesi!
La storia è poi un classico scontro con poteri demoniaci al di là della comprensione umana. Ma come ci ha raccontato Nicola in una puntata del podcast l’aspetto di novità del racconto è che nel chiaroscuro di Cropera, il male non viene dal buio ma dalla luce. E questa è una variante che spiazza nella lettura e che arrivata alla fine ci fa riguardare con tutti altri occhi la copertina di Enea Riboldi.
I personaggi introdotti nella vicenda sono ben tratteggiati (Grace e Jack Lantern innanzitutto) anche se come accade a volte nelle storie autoconclusive meritavano forse uno spazio maggiore (le ragioni del demone e la sua sconfitta finale avevano bisogno per me di qualche tavola in più), ma siccome in Dampyr nulla è veramente autoconclusivo… allora abbiamo la ragionevole speranza che qualcosa che è rimasto in sospeso potrebbe essere ripreso prima o poi e dallo stesso Venanzetti possibilmente.
Dei chiaroscuri di Cropera non si può che dire ogni bene (anche se la stampa qui non gli rende piena giustizia): l’artista è davvero perfetto per farci sentire le atmosfere decadenti e spettrali di questa triste ballata dampyriana. Alcune vignette e tavole sembrano provenire da un immaginario raffinato storyboard di un film espressionista tedesco girato negli anni venti o trenta del secolo scorso!
In definitiva un buon numero che conferma la bella annata del nostro ammazzavampiri preferito. Ma non c’è tempo per rilassarci perché ora dobbiamo andare all’opera (mortale ancora?) con Claudio Falco e Simone Delladio!
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