Pronti a scendere nell’Abisso con Samuel Stern? Prima di festeggiare le 12 candeline e quindi il primo anno continuativo di presenza in edicola, ci tocca affondare nel male profondo insieme a Samuel e Padre Duncan.
Per farlo dobbiamo sobbarcarci 200 miglia di strada da Edimburgo a Blackburn (Google maps mi dà 193 miglia e quindi giusto così, anche se purtroppo andare in questi giorni nella zona di Manchester non è molto facile né salutare data l’impennata di asa di Covid nella zona) e soprattutto dobbiamo abbandonare la calma scozzese per la vorticosa vita del cuore industriale del Regno Unito. Ma Blackburn è forse scelta per quel Black che evoca il cupo nero dell’abisso…
Ora bando ai giri di parole e analizziamo questo numero 11 cecrando di evitare gli spoiler.
L’abisso – Samuel Stern n.11
Soggetto e sceneggiatura: Massimiliano Filadoro, Gianmarco Fumasoli e Marco Savegnago
Disegni: Lisa Salsi
Copertina: Valerio Piccioni, Maurizio Di Vincenzo e Emiliano Tanzillo
La sceneggiatura del trio Filadoro, Fumasoli e Savegnago ci presenta una storia che solo apparentemente segue i binari del caso di ‘possessione’ demoniaca: Padre Duncan da giovane prete ha affrontato un caso molto difficile a Blackburn in compagnia dello gnostico e ateo dottore di Psichiatria Monroe (amico di lunga data di Duncan ormai e operante al Royal Teaching Hospital di Blackburn… cercatelo su internet e le troverete identico!). Il caso della piccola Ailith Maclain fu un battesimo del fuoco per Duncan e sopratutto fu la prima cocente scoperta che non sempre si ottengono i risultati sperati.. Ailith non fu né guarita né liberata. Ora un caso simile sembra ripetersi per la giovane Arabella Carlyle.
Questo è l’antefatto che viene presentato nelle prime 20 pagine ma senza cadute didascaliche e soprattutto con un gioco piacevole di intrecci tra passato e presente.
Come dicevo la storia è solo apparentemente un classico caso di ‘possessione’, perché ben presto Samuel si rende conto di trovarsi di fronte a qualcosa di più ampio e non solo circoscrivibile all’intimità di un persona. C’è un male che fisicamente occupa spazio non solo nell’animo delle persone ma anche nella natura stessa.
I riferimenti dichiarati della storia sono da un lato al numero 3 Legione (un caposaldo nella già importante saga sterniana) e il numero 7 L’agenzia che, se vi ricordate, ha introdotto esplicitamente il tema del contatto tra mondi demoniaci, infernali e comunque altri e il nostro piano di realtà. Possiamo usare la parola multiverso? Non è dichiarata dagli autori, ma per ora mi sembra la più sensata da usare. E aggiungo che episodi come L’abisso mi fanno avvicinare molto di più Samuel Stern a Dampyr piuttosto che a Dylan Dog (accostamento che vedrei bene, invece, per Valery… ma devo anche aggiungere che non amo questi confronti perché bisogna ammettere che finora i creatori di Samuel Stern sono riusciti a produrre coraggiosamente qualcosa di originale che sta nell’horror ma non ripete cliché fumettistici italiani).
Prima di parlare dei disegni, aggiungo solo che tutto lo sviluppo della trama mi ha soddisfatto, ma in particolare ho apprezzato la creazione e l’introduzione di due personaggi (che magari torneranno): il prof. Bran Monroe, razionalista ma aperto alla realtà e alle strade impossibili) e soprattutto Arabella Carlyle le cui scelte finali mi sono sembrate un inno alla libertà e all’amore e mi hanno lasciato un messaggio di positività che non sempre si trova nei fumetti di genere horror.
Il buon esito dell’albo è sicuramente merito anche dei disegni di Lisa Salsi, per me è stata una bellissima e piacevolissima scoperta. Il tratto della Salsi è fresco e sicuro allo stesso tempo. Descrive orrori atavici, ma non perde un certo taglio naïf o – come dice lo stesso Fumasoli nell’editoriale di apertura – da pop art. Le figure umane sono nette, ben scandite, non sfumate. Di fronte a tanti autori dallo stile iperrealistico mi trovo sempre di più ad apprezzare chi sa distinguersi non nel virtuosismo delle anatomie, ma nella schiettezza di un fumetto che senza alcun senso di minorità ‘fa il fumetto’, narra per immagini e lo fa in modo scorrevole. Pur con tutta la sua italianità, i disegni della Salsi mi hanno dato un certo sapore alla Hergè. Seguiamola nei suoi prossimi albi e vediamo come si evolverà!
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