Duri a morire – Tex n.713 (marzo 2020)

Scritto da Francesco Benati

20 Mar, 2020

Die Hard, ovvero Duri a morire. Solo Tex poteva avere un titolo del genere per il proprio albo, uscito a inizio mese e di cui vi proponiamo qui la recensione. Si tratta del secondo e ultimo capitolo della storia iniziata il mese scorso con I forzati di Drifork e che vede all’opera l’inedito team composto da Jacopo Rauch, al suo esordio sulla serie regolare, al soggetto e alla sceneggiatura, e Giuseppe Prisco, qui alla sua prima storia lunga dopo la breve Le schiave del Messico del 2018, ai disegni.

 

 

Duri a morire – Tex n.713

Soggetto e sceneggiatura: Jacopo Rauch

Disegni: Giuseppe Prisco

Copertina: Claudio Villa

 

Riassunto: con una rocambolesca evasione, la spietata banda dei fratelli Decker fa fuggire Frank, il capo, e nella confusione riescono a evadere anche il giovane Greg Taylor e il ladro Ray Cooper, sospettato di avere nascosto da qualche parte un immenso tesoro. I fratelli Decker si mettono sulle tracce dei due nella speranza di farsi rivelare dove si trova il bottino delle rapine di Cooper. All’inseguimento di tutti quanti ci sono Tex Willer e Kit Carson, decisi a mettere il sale sulla coda ai banditi.

Nell’albo di questo mese, la banda dei Decker cinge d’assedio Taylor e Cooper e i due devono trovare il modo di togliersi dai guai. Tutti quanti finiscono nel villaggio fantasma di San Miguel per ritrovarsi ben presto in mezzo a una banda di Mohaves armati fino ai denti. Spetterà a Tex fare piazza pulita.

A proposito della sceneggiatura…

Che Jacopo Rauch sia uno degli sceneggiatori bonelliani di impianto classico (quindi lineare e avventuroso nel pieno stile della Sergio Bonelli Editore) più interessanti da tenere d’occhio, lo vado a dire in giro da parecchi anni. 

Dopo una lunghissima gavetta iniziata su Zagor (le cui prime storie risalgono ormai al lontano 2002, quindi sono state iniziate almeno due o tre anni prima), testata sulla quale Rauch continua prolificamente a scrivere (come nella appena conclusa avventura Sangue Kiowa), è arrivato il momento di venire promosso alla testata ammiraglia della casa editrice. Il suo debutto è di quelli che difficilmente deludono.

Rauch ha messo in piedi una storia tipicamente western senza troppi fronzoli (un’evasione, un bottino nascosto, una caccia all’uomo) della durata standard di due albi, ma è riuscito a riempirla di un sacco di cose dando il giusto spazio a tutti.

Che lo sceneggiatore toscano si sia formato sotto l’ala protettiva di Mauro Boselli (curatore di Zagor tra il 1994 e il 2006) si nota sin da subito dalla gran quantità di personaggi in gioco, ognuno con una propria caratterizzazione particolare.

I componenti della banda dei Decker, per esempio, hanno ognuno la propria particolarità, sia grafica che caratteriale e non sono più semplice carne da cannone come capitava nei gruppi di criminali ad opera di altri sceneggiatori (vedi i mucchi selvaggi tipici di Tito Faraci composti principalmente da pupazzi destinati ad essere mandati al macello e buttati giù come birilli da un Tex in versione sparatutto).

Insomma, per questo suo debutto sul mensile, Rauch ha realizzato una storia semplice, chiara, senza arzigogolii strani e solida nel suo insieme. Manca quel guizzo extra che ha caratterizzato le sue ultime storie su Zagor, ma se a Darkwood è di casa da vent’anni, sulle praterie del sudovest ci è appena arrivato, quindi diamogli tempo.

 

…e dei disegni

La storia non sarebbe stata altrettanto valida senza gli ottimi disegni di Giuseppe Prisco. Anche lui ex zagoriano (e si sa che per i disegnatori odierni è praticamente impossibile lavorare su due serie come Tex e Zagor contemporaneamente), Prisco sta pian piano trovando la propria voce all’interno del panorama dei disegnatori texiani.

Il suo debutto, avvenuto un paio di anni fa, era all’insegna della discontinuità nella rappresentazione del ranger: un po’ Fusco, un po’ Ticci, il Tex di Prisco non aveva un’identità ben definita. Qui assistiamo ad un altro film: disegni coerenti dall’inizio alla fine, pur con qualche inevitabile evoluzione (d’altronde ormai per una storia così ci vogliono circa due anni di lavoro) e una versione di Tex decisamente più personale. 

Quella che ci troviamo fra le mani è una storia che forse non passerà alla storia (anche perché ha avuto la sfortuna di uscire quasi in contemporanea con il Texone di Claudio Villa, la cui trama è abbastanza simile), ma che può regalare ai lettori un’ora abbondante di sano divertimento, qualcosa che di questi tempi conviene fare tesoro.

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