Il Tex mensile di dicembre rappresenta una sorta di piccolo-grande evento per la testata del ranger più famoso d’Italia. L’assedio di Mezcali vede ai testi il veterano Claudio Nizzi alla sua prima storia per la serie regolare dopo molti anni. I disegni sono di Lucio Filippucci, anche lui divenuto ormai un veterano della serie. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che alcune storie di Nizzi sono uscite sul mensile anche tra il 2010 e il 2013, quindi non certo così indietro nel tempo, ma si tratta di storie che lo sceneggiatore modenese ha realizzato anni prima e che sono state pubblicate in quegli anni solo perché ai disegnatori è occorso del tempo per realizzarle. Rientrato in pianta stabile fra gli sceneggiatori del ranger, Nizzi ha inanellato tre storie una dietro l’altra (le prime due uscite sui Color Tex) sotto l’attenta supervisione del curatore Mauro Boselli.
L’assedio di Mezcali – Tex n. 710
Soggetto e sceneggiatura: Claudio Nizzi
Disegni: Lucio Filippucci
Copertina: Claudio Villa
Forse dovrei andarci cauto con l’includere anche questa nuova storie fra quelle riuscite, ma non posso trattenere l’esultanza, visto che si tratta di una storia western dannatamente classica e solidissima. Vero che spesso il primo albo inganna e con quello del mese prossimo si rischia di scivolare sul finale, ma questo volume mi ha messo così di buon umore che non vedo l’ora di leggere il seguito convinto che difficilmente deluderà.
Sinossi: un nutrito gruppo di personaggi (un criminale, un avventuriero, una famiglia di coloni, un cercatore d’oro e alcuni soldati) provenienti da strade diverse finisce per rifugiarsi nella stazione di posta di Mezcali, mentre tutti intorno infuriano gli Apache in rivolta. A tutti loro si uniscono Tex e Carson.
Partiamo dalla base: il genere western ha oltre un secolo di vita, è stato saccheggiato in ogni modo e la varietà delle trame è finita. Anzi, oso dire che il problema analogo ce l’hanno praticamente tutti i generi letterari esistenti. Quello che si può fare, al massimo, è raccontare nuovamente le stesse cose in modo diverso. O nello stesso modo, ma con personaggi diversi.
Insomma, il concetto è chiaro. Nizzi riprende una storia da lui stesso realizzata a fine anni ’80 intitolata I diavoli rossi per i disegni di Aurelio Galleppini, la quale a sua volta era una versione texiana di Ombre rosse di John Ford. Rimescola un po’ le carte in tavola, ma il senso è sempre lo stesso: mostrare l’evolversi dei rapporti fra gli esseri umani, fra chi sembra rispettabile e in realtà non lo è e chi non sembra rispettabile e infine lo è più di tutti.
Il ritmo è quello lento e misurato delle storie di Nizzi, la narrazione è semplice e fluida, i personaggi sono numerosi, ma calibrati con il bilancino e, soprattutto, Tex e Carson sono sempre in primo piano. Più o meno tutto come una volta, anche se siamo lontani anni luce dai capolavori nizziani che hanno marchiato la serie più o meno tra il 300 e il 400.
Quello che abbiamo di fronte è un buon inizio per una di quelle storie classiche, oneste, destinate ad alternarsi alle grandi saghe, che hanno contribuito a tenere alta la bandiera di Tex nel corso dei decenni. Se proprio devo muovere un difetto alla carrellata di personaggi proposta da Nizzi è che essi sembrano essere abbastanza inquadrati sin da subito, nel senso che, se si esclude qualche possibile eccezione, è chiaro chi di loro si comporterà eroicamente e chi con vigliaccheria nel prossimo volume.
In un certo senso, è lo stesso difetto riscontrabile anche ne I diavoli rossi, ma è chiaro che si tratta di una cifra stilistica di Nizzi.Un applauso anche a Lucio Filippucci, qui alla sua terza storia sul mensile, la cui linea chiara (che spesso e sovente eccede nel total white, specialmente nelle scene nel deserto) ha senza dubbio contribuito a innalzare il livello qualitativo del racconto. I momenti migliori si hanno perlopiù nelle scene all’aria aperta, mentre lo stile arioso di Filippucci sembra un po’ compresso nei momenti al chiuso, ma in linea di massima parliamo di una prova assolutamente positiva.
Tex e Carson risultano ormai perfettamente inquadrati e tutti i personaggi principali sono rappresentati ognuno con la propria fisionomia. Ogni disegnatore ha chiaramente il proprio repertorio di facce, ma Filippucci è bravo nel variare i soggetti e nel non ripetersi troppo.
Buona la prima, come si suol dire. Ci tocca aspettare l’anno nuovo per la conclusione, ma direi che si possa stare tranquilli.
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