Qualche giorno fa è uscito in edicola I mandriani, il nuovo Maxi Zagor edito dalla Sergio Bonelli Editore. La collana, da qualche anno diventata quadrimestrale, il più delle volte offre una storia completa e inedita lunga quasi 300 pagine, l’equivalente di tre albi del mensile. Proprio questo malloppo propone una avventura tutta nuova scritta da Moreno Burattini e disegnata da Oliviero Gramaccioni.
Vediamo un po’ di che parla questo Maxi.
I mandriani – Maxi Zagor n.36
Soggetto e sceneggiatura: Moreno Burattini
Disegni: Oliviero Gramaccioni
Copertina: Alessandro Piccinelli
Sinossi: Zagor e Cico si imbattono in una tribù di Osages letteralmente alla fame. La loro mandria è stata rubata con la complicità di un agente indiano corrotto e loro rischiano di morire di inedia. A complicare le cose ci sono alcuni giovani guerrieri delle tribù vicine che minacciano di scendere sul sentiero di guerra, eventualità che spazzerebbe via i superstiti della tribù. Zagor e Cico decidono quindi di intervenire e radunano una squadra male assortita per andare a recuperare la mandria e restituirla ai legittimi proprietari.
In questa storia, Moreno Burattini, qui in doppia veste di sceneggiatore e curatore della serie, inserisce un classicissimo tema zagoriano, quello degli underdog o degli emarginati, delle persone che non hanno voce.
Detto ciò, il racconto fila via liscio come l’olio e alla fine si rivela essere una lettura gradevole, baciate anche da un bello scontro finale.
E invece i disegni di Gramaccioni non convincono per niente. E no, questo non è il solito discorso de su Zagor ci vogliono i cloni di Ferri e bla bla bla, perché basta leggersi una qualsiasi mia recensione per rendersi conto che questo pensiero è lontano anni luce dal mio.
Il problema sta proprio nella resa finale dei disegni di Gramaccioni: dei volti di Zagor non ce n’è uno che sia uguale all’altro, sono tutti diversi e a volte sembrano appartenere a più autori diversi, al punto che viene da pensare a un tentativo di correggere il tiro da parte del team dei grafici della Bonelli. Gli errori di proporzioni e prospettive si sprecano (e no, non si tratta di scelte stilistiche) e, più in generale, Gramaccioni affoga in tentativi di richiamo a Magnus e Pifferaio che però, oltre a non avvicinarsi minimamente ai modelli sopracitati, non c’entrano nulla con Zagor e con il suo mondo.
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