Inauguriamo una nuova sezione del nostro neonato blog: “Le Antilogie di Mercurio“. Antilogia è un termine che nasce nel contesto della prima sofistica ateniese ed è legato alla figura di Protagora: significa letteralmente ‘discorso opposto’, ma anche ‘discorso doppio’ e varie e molteplici sono le vie che il perdigiorno Mercurio Loi ideato da Alessandro Bilotta ci sta facendo percorrere in modo spesso apparentemente – o realmente! – contraddittorio. Ho pensato allora che una semplice recensione per il nuovo eroe Bonelli fosse troppo poco, bisognava pensare ad una recensione a più mani che dialogassero tra di loro e mostrassero le personali vie dell’interpretazione seguite. Ho quindi chiesto a Giacomo Mrakic e Chiara Cvetaeva, amici conosciuti nel gruppo Facebook L’avventura a fumetti da A(dam) a Zagor, di provare a rischiare questa recensione dialogata. Si tratta di due attenti lettori, originali e non banali, dalla solida formazione e dalla ricca cultura, uomo e donna per aiutarci ad avere una visione ampia e poi… sarà un Caso che hanno due cognomi di origine straniera? ma cos’è il Caso, si chiederebbe Mercurio? Insomma bando alle ciance e buona lettura, nell’augurio che vi inviti a leggere di nuovo e di nuovo ogni numero di Mercurio Loi!
(Paolo M.G. Maino)
La somiglianza con una scimmia. Mercurio Loi n. 9
Testi: Alessandro Bilotta
Disegni: Andrea Borgioli
Colori: Francesca Piscitelli
Copertina: Manuele Fior
GIACOMO: Ultimo numero prima del passaggio alla bimestralità, Mercurio Loi n.9 non finisce mai di stupirci, continuando a confermarsi come la serie più innovativa e particolare del momento in casa Bonelli.
Una serie aperta all’introspezione, cui non basta una lettura superficiale e che proprio per la sua complessità può risultare di non facile leggibilità per i neofiti.
Anche questo numero soddisfa le alte aspettative, sia a livello visivo – con una piacevole scelta di colori – che di complessità di trama, presentandoci una storia paragonabile a un piccolo trattato sociologico.
Già il titolo, La somiglianza con una scimmia, ci pone alcune domande fondamentali, la cui risposta, a mio avviso, non è da dare per scontata.
Alla luce della teoria evoluzionistica è ormai assodata l’appartenenza della specie umana all’ordine dei primati ma, nel periodo in cui opera il nostro eroe, queste speculazioni erano ben lungi dall’essere prese in considerazione, così la figura di Giacomo Bettini, che accompagna Loi in questa storia, si dimostra anticipatrice dei tempi, con uno sguardo proiettato a quel futuro non solo delle scienze, ma anche delle idee, che la restaurazione, soprattutto nella Roma del potere temporale, cercava di arginare anche con la forza. E mai come in questa storia scienza e arte si fondono insieme per dare vita ad una perfetta dicotomia dove nessuna di esse viene posta su un piano inferiore, tanto da far sostenere a Mercurio Loi, a pag. 62, che Scienza e Letteratura «partono da astrazioni, ma ci danno un’interpretazione concreta del mondo…ed entrambe usano codici per farlo». Indubbiamente la riflessione viene da Loi, ma non possiamo che farla nostra e supporre, forse romanticamente, che in questo caso sia lo stesso Bilotta a parlare tramite la bocca del suo personaggio. Il contrappunto alla loquacità di Mercurio lo dà il silenzio assordante della scimmia Dioniso, che però, coi magistrali disegni di Andrea Borgioli, ha movenze ed espressioni talmente chiare da permetterci quasi di leggerle la mente.
È la scimmia la vera protagonista di questa puntata, la cui situazione la porta ad essere oggetto di un esperimento sociale che la farà divenire una cavia innocente in crisi di identità.
La scimmia, fin dagli albori, per la sua forma simile a quella umana, per la sua capacità sociale e di interazione, insieme a quella di adattarsi alla realtà creando anche dei piccoli utensili, ha stuzzicato la fantasia dell’uomo, arrivando a fargli domandare se la si potesse umanizzare o meno. Non è un caso che i teologi della Scolastica definissero il diavolo “simia Dei”, la scimmia di Dio, per indicare il suo vano tentativo di volersi avvicinare alla perfezione senza riuscirvi. Una gran bella definizione, di grande densità visiva e concettuale. E penso che anche la nostra letterata possa essere d’accordo.
CHIARA: Le immagini parlano, si sa, e lo fanno con una lingua tutta loro. Anche alla lingua, però, può capitare di parlare per immagini. Si veda il verbo scimmiottare, alla cui voce si legge: “Imitare maldestramente, in modo goffo e pedissequo”. Come le scimmie, appunto.
L’imitazione è la via maestra per l’apprendimento. Se gli uomini apprendono e progrediscono imitandosi gli uni gli altri (il bambino la madre, come la madre a suo tempo la nonna), perché i primati non potrebbero fare altrettanto? Perché il lemure e la scimmia non dovrebbero apprendere dal sapiens? E cosa vieta al sapiens di apprendere a sua volta dal suo confratello più irsuto? Nel Pasto nudo, forte della sua ispirazione psicotropa, William S. Bourroghs ammoniva: “Non dobbiamo mai dimenticare la nostra gloriosa eredità scimmiesca”.
Bilotta questo monito lo tiene ben presente, e ne dà prova nella sua introduzione, nella sua Guida per camminatori senza meta, in cui inscena un clamoroso capovolgimento di prospettiva: se nella storia l’angolo visuale è quello dell’uomo che osserva la scimmia, nell’introduzione è la scimmia che osserva l’uomo, e nel farlo se la ride di gusto. Anche la fisiognomica, in quest’albo, concorre a confondere le acque: non somiglia forse a una scimmia, quel Mercurio Loi? E la scimmia che tutti si affannano ad ammaestrare non ricorda da vicino il caro e beneamato Mercurio?
Quanto detto sin qui mostra quanta densità e profondità di pensiero si possano trovare nel sottotesto de La somiglianza con una scimmia, e per chi ha familiarità con la narrativa di Bilotta ciò non creerà meraviglia. Come sempre, la forza dello sceneggiatore sta nella capacità di comunicare molto più di quanto in effetti dica: anche con grande economia di parole, riesce comunque a spalancare le porte della percezione e ad accelerare le sinapsi.
Alessandro Bilotta non è compiacente con i suoi lettori: non li prende per mano, né li accompagna per sentieri pianeggianti. Esige da loro la massima collaborazione, ma per quanti stanno al gioco è tanto di guadagnato. Costruisce le sue storie con la pazienza e l’arte di un orologiaio, e ne vengono fuori strani dispositivi che obbediscono a un tempo tutto loro: un tempo dilatato, astorico, che invita alla meditazione e individua nella fretta la sua nemica giurata.
Mercurio Loi si conferma serie sui generis, che non si ama nell’immediato, ma che si impara ad amare, e queste sono sempre le premesse delle più belle storie d’amore. Il passaggio ad una periodicità bimestrale ha senso se si considera quanto già detto: Mercurio richiede che lo si legga, rumini e introietti in tutta calma, senza quella fretta che, oltre a far partorire gattini ciechi, impedisce anche di godersi pienamente un prodotto confezionato con tanta cura, e sotto tutti i punti di vista: dai disegni ai colori, sempre vivi e mai disturbanti.
Una considerazione finale. Esattamente cinquant’anni fa, Bompiani pubblicava la prima traduzione italiana de La scimmia nuda (libro che uscirà in aprile sempre per i tipi di Bompiani in una nuova edizione), il libro con cui il grande etologo Desmond Morris aveva indagato a fondo su quanto dell’eredità scimmiesca si fosse conservato nei comportamenti dell’homo sapiens, e il testo aveva sollevato istantaneamente un polverone: scandaloso partire da una prospettiva rovesciata, risaltare la sopravvivenza della scimmia in noi anziché il suo superamento.
Nello stesso giorno, è uscito il nono numero di Mercurio Loi. Un Caso? Ah beh, se il Caso esiste, è un gran mattacchione, e sicuramente ha apprezzato quest’albo.
GIACOMO: D’accordissimo, e peraltro, citando Morris e il suo “uomo scimmizzato”, mi stai dando il destro per aprire una parentesi sul caso esattamente contrario, e cioè sulla “scimmia umanizzata”. A partire dalla teoria evoluzionistica di Darwin, esperimenti riguardanti l’umanizzazione delle scimmie furono portati avanti in vario modo. Sia il ricercatore americano Robert Yerkes che il primatologo Bill Lemmon, evidentemente colpiti sia dall’immaginazione popolare che dalle letture di articoli riguardanti i miti del “buon selvaggio”, tentarono , in due distinti periodi, di umanizzare delle scimmie. L’esperimento di Yerkes non ebbe fortuna, mentre quello di Lemmon ottenne maggiori risultati ma fu destinato a scontrarsi con i limiti imposti dalla natura, concludendosi anch’esso con un fallimento e costringendolo a riportare la scimmia nel suo ambiente originario.
Ma la figura scimmiesca viene usata anche come controaltare riguardo le vicende di cui tratta la storia, finendo per farci incontrare con la parte “animalesca” dell’uomo. Ne è riprova il comportamento di entrambi i figli di Giacomo, che si lasciano trasportare dal “dionisiaco”. E ancora una volta non è un caso che la scimmia stessa si chiami Dioniso, con un rimando all’aspetto selvaggio, alle Menadi, agli antichi culti bacchici celebrati un tempo nelle campagne romane, in un tripudio di sensualità che finirà per travolgere anche il sempre imperturbabile Mercurio.
Ecco quindi che, dopo una introspezione nella parte più oscura e ferina di tutti noi contrapposta all’umanità artificiale della scimmia Dioniso, la figura di Giacomo Bettini può essere vista sotto un’altra ottica; non più lo scienziato che lotta per fare emergere la scienza in un periodo oscurantista, bensì una sorta di eroe romantico della coeva letteratura gotica; come Victor Frankenstein di Mary Shelley cerca di dare la vita ad un cadavere arrivando a perdere il proprio benessere e i propri affetti in nome della scienza, così Giacomo Bettini cerca di portare ordine e sviluppo nella natura primitiva, senza rendersi conto di quanto selvaggia sia la propria famiglia e di quanto titanico sia il gioco che sta giocando.
Concludendo, dunque, non possiamo che prendere atto della complessità della lettura e della visione del mondo e della società che ci dà Bilotta, cercando con curiosità i numerosi rimandi che l’autore si diverte a disseminare, ben consci che la complessità di questa opera non può concludersi in una sola lettura ma necessita di più sguardi approfonditi per poter riflettere e imparare anche da un fumetto che sempre più si avvicina allo status di letteratura disegnata.
Per approfondire vi citiamo il bel libro
Scienziati pazzi di Garlascehlli e Carrer, edito da Carocci nel 2017 e ovviamente aspettiamo opinioni, pareri e critiche qui nel blog e anche sulla
pagina Facebook del nostro gruppo. A tra due mesi con Le Antilogie di Mercurio.
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