Con immenso piacere, vi presentiamo in anteprima la recensione de Il manicomio del dottor Weyland, il nuovo albo di Tex edito dalla Sergio Bonelli Editore. Come già ampiamente annunciato ufficialmente negli ultimi mesi (nessuno spoiler, dunque), l’albo in questione presenta il primo capitolo di una lunga saga in sette numeri che si concluderà ad ottobre e che vede il ritorno del leggendario nemico di Tex, il negromante Mefisto. Per la precisione, si tratta di due storie, rispettivamente da tre e quattro albi, una dietro l’altra. Al soggetto e alla sceneggiatura troviamo il curatore Mauro Boselli, mentre i disegni di questa prima storia sono dei fratelli Raul e Gianluca Cestaro.
Facciamo una premessa doverosa: Mefisto, il cui vero nome è Steve Dickart, è il nemico per eccellenza di Tex: tanto solido e razionale è il ranger, tanto folle e dotato di poteri magici è il negromante. Mefisto ha affrontato Tex e i suoi pards più volte prima di morire (già, il vecchio pazzoide è morto), ma il suo spirito è stato richiamato dal regno delle ombre e ora è di nuovo fra i vivi e pronto a fare danni. Negli anni che vanno dalla sua morte alla sua resurrezione, i suoi poteri sono stati affidati al figlio Blacky, che ha assunto il nome di Yama e ha portato avanti la vendetta del padre, ma con scarsi risultati e finendo addirittura malato di mente.
Il manicomio del Dottor Weyland – Tex n.738
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni: Raul e Gianluca Cestaro
Copertina: Claudio Villa
L’albo di oggi si apre proprio con Yama, i cui sogni rievocano quella che sarebbe potuta essere la sua vittoria contro Tex e i suoi pards, ma si tratta solo di un sogno. Nella realtà, il suo corpo è stato tratto in salvo dal servo Mandip che lo ha portato al Black Mountain Asylym. In questo luogo, Yama è ricoverato dal dottor Weyland, il quale si scopre subito essere Mefisto che usa il manicomio come copertura. Nel frattempo, Tex e i suoi pards scoprono che uno dei criminali che hanno appena catturato, il macellaio Gradmore, è stato internato al Black Mountain e ben presto diviene uno dei servi di Mefisto. Quando assistono ad un caso di follia rapidamente risolto dal professor Arthur Crane, nuovo assistente all’Asylum, Tex, i pards e il loro amico Tom Devlin, capo della polizia di San Francisco, decidono di indagare su quanto avviene fra le mura del manicomio.
La prima volta che ho sentito parlare di questa storia è stato a Lucca Comics nel 2016 e all’epoca è stata descritta come una lunga saga in cinque albi, dei quali due dei Cestaro e tre di Fabio Civitelli, il quale ha illustrato anche l’ultima storia di Yama, la quale era in uscita proprio in quel periodo. Poi il numero di pagine ha cominciato a crescere e così i tempi di lavorazione che si sono prolungati a dismisura, complice anche la lentezza e la meticolosità dei disegnatori coinvolti.
Vista l’ambizione della saga, i nomi degli autori e la presenza di Mefisto, una certa trepidazione era più che legittima.
Spazziamo via i dubbi e diciamo chiaramente che il primo albo è promosso a pieni voti. Mauro Boselli mette in piedi una trama che sembra uscita direttamente dalla serie televisiva American Horror Story: Asylum, anch’essa ambientata all’interno di un manicomio criminale. Come da consuetudine della narrazione boselliana, sono presenti numerosissimi personaggi e la figura di Tex non ha quella centralità che vedremmo in altre occasioni, ma in questo caso quasi non ci si fa caso, anzi, si rispetta una certa tradizione: nelle storie dedicate a Mefisto e Yama, il primo albo prevede sempre un ampio spazio dedicato ai due stregoni, con Tex e i pards che sono relegati ad un ruolo di secondo piano. Addirittura ne Il figlio di Mefisto (di GL Bonelli e Aurelio Galleppini, gli autori di tutte le storie fino al 1983), forse l’episodio più amato di tutta la saga, quasi tutto il primo albo è dedicato a Yama, con Tex e gli altri che si vedono davvero per poche pagine. Niente di nuovo sotto il sole quindi, anzi, il contenuto dell’albo rispecchia appieno il titolo: il vero protagonista di queste 110 pagine è proprio il manicomio del dottor Weyland, del quale vediamo gli abitanti, la struttura, i sotterranei e i lavoranti. Gran parte della vicenda si svolge all’interno di quelle mura e le scene ambientate a San Francisco sembrano quasi degli elementi di disturbo perché si vorrebbe tornare immediatamente in mezzo agli internati.
Un Mauro Boselli in grande spolvero delinea una trama gotica sostenuta da lunghi dialoghi mai troppo pesanti che fanno aumentare l’inquietudine pagina dopo pagina, anche se già a metà volume le forze in campo sono dispiegate in maniera esemplare e arricchisce il racconto con una serie di brutti ceffi che nei prossimi capitoli promettono fuoco e fiamme. Dopo aver recuperato Yama, Boselli ha preso Mefisto, la cui ultima apparizione risale al 2002 con la lunga storia di Claudio Nizzi e Claudio Villa e lo ha riproposto in una versione meno esaltata e schizoide dell’ultima volta, fermo restando che il negromante tanto sano di mente non è mai stato. Se si esclude una rapida scena nella quale Mefisto urla i propri propositi di vendetta, per il resto del tempo vediamo un nuovo lucido, calmo ed estremamente razionale nel muovere le proprie pedine, nonché dotato di una ferrea fiducia nelle proprie capacità.
I disegni dei Cestaro sono quanto di meglio si potesse chiedere per questo tipo di storia: le lugubre atmosfere gotiche e horrorifere sono perfette per il loro tratto oscuro e deformante. I vari abitanti del manicomio assumono tratti somatici inquietanti e ai due fratelli bastano pochi tratti per trovare l’espressione giusta che fa scendere un brivido di terrore lungo la schiena del lettore. Sapendo di avere a disposizione i Cestaro, Boselli ha preparato per loro una sfilza di scene che resteranno a lungo impresse nella memoria dei lettori: scale a chiocciola, sotterranei oscuri, riti demoniaci, inseguimenti nelle fogne e scorci dei regni oscuri. Una sequela di scene horror impreziosite dal bianco e nero netto dei due fratelli campani che in questa storia segnano il loro definitivo distacco dai modelli iniziali: se nelle loro prime storie hanno esordito prendendo a riferimento Claudio Villa, da molti anni hanno intrapreso una strada sempre più personale che li ha resi un duo dal tratto unico all’interno del panorama fumettistico italiano. Il meritatissimo riconoscimento del loro lavoro è il Texone (pubblicazione annuale di grande formato che ha ospitato alcuni dei migliori disegnatori italiani e internazionali) attualmente in lavorazione e di futura pubblicazione (non sto facendo alcuno spoiler dato che lo stesso Mauro Boselli, autore del Texone, ne ha recentemente parlato in un’intervista reperabilissima sul web).
Tornando ai disegni, particolarmente degna di nota è la figura di Mefisto delineata dai Cestaro: il Mefisto ritratto nella storia di Villa viene ridimensionato in favore di un parziale ritorno alla fisionomia originaria, quella di un anziano snello e dai lineamenti affilati e dallo sguardo diabolico. Gli altri pards sono tutti centrati, dal più classico Carson fino ai più difficili Tex e Kit.
Potrei dilungarmi per ore su questo albo tante sono le cose interessanti da dire, ma è meglio fermarsi per lasciare ai lettori il piacere di scoprirle man mano.
Per ora posso dire con certezza che il primo albo è certamente promosso a pieni voti e lancia una marea di promesse che, se mantenute, ci permetteranno di assistere ad una storia memorabile ed ambiziosa.
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