Ci sono delle storie autoconclusive di Dampyr che diventano subito delle perle nella serie. Slegate apparentemente dalla continuity e forse anche in parte libere maggiormente per questo motivo, riescono a percorrere le inquietanti strade dell’horror che ha ovviamente tante sfumature differenti.
In particolare ogni tanto il nostro ammazzavampiri preferito si trova a vivere avventure che si rifanno al gothic horror e che hanno anche per questo parte dell’ambientazione nel crepuscolare e decadente ottocento.
Rientra in questa categoria Il mistero dell’isola di Jersey, Dampyr 280 da un mese ormai in edicola (ma fate ancora in tempo a procuravelo), scritto da Stefano Piani (che orma di Dampyr ne ha scritti) e disegnato dalla bravissima Vanessa Belardo.
Il mistero dell’isola di Jersey – Dampyr n.280
Soggetto e sceneggiatura: Stefano Piani
Disegni: Vanessa Belardo
Copertina: Enea Riboldi
La vicenda si ispira come spesso accade ad un fatto di cronaca reale che ci viene sommariamente presentato nell’editoriale di apertura: il confino a partire dal 1851 nell’isola di Jersey del già famoso scrittore Victor Hugo, vittima del regime imperiale di Luigi Napoleone Bonaparte. È infatti noto che in quel periodo Hugo si dedicò a molte sedute spiritiche alla ricerca del dialogo tragicamente interrotto con Leopoldine, la figlia prematuramente scomparsa.
Una vicenda che mostra anche le fragilità naturali e comprensibili dell’intellettuale francese e che ce lo rende – se possibile – ancora più umano e vicino.
Ma su questo spunto reale Stefano Piani con una cura notevole ci offre una storia che resta in bilico fino alla sua conclusione. Una storia di anime sofferenti (Hugo, Léopoldine, Adèle ossia un’altra figlia, una ragazza morta tragicamente 4 secoli prima…) e ovviamente, da buon horror che si rispetti, una storia di un male che si rivela e che vuole attrarre a sé uomini e donne che incontra… Aggiungo come ulteriore nota bene legato alla serialità complessa di Dampyr come Victor Hugo sia solo l’ennesimo scrittore a diventare co-protagonista di una storia di Harlan e soci (l’elenco è davvero lungo: Lovecraft, Pessoa, Howard, Bierce… per citarne solo quattro e senza contare tutti gli autori di Praga che incontriamo spesso come spok alla taverna dell’Aquila Verde da Niklaus).
Infine come possiamo vedere fin dalla copertina, Il mistero dell’isola di Jersey è anche una ghost story in piena regola e nel pieno rispetto dei canoni di dampyrianità questo vuol dire che vedremo in azione la medium Maud che almeno una volta all’anno ritorna nelle storie con Harlan (in realtà l’abbiamo vista in azione più recentemente nei nn.271-272 nella storia Gli spettri di Youghal ambientata anche questa sulla costa del mare…).
Passato e presente si alternano nell’intreccio di Piani così che ogni indizio del passato trovi conferma in un altro elemento del presente. Il mistero dell’ottocento si raddoppia con i misteri del presente e la soluzione finale (che arriva con un buon tasso di sorpresa, anche se qualche indizio ovviamente c’era) risolve poi tutte le trame aperte in una ben congegnata ringkomposition. Come già scritto, Piani è qui bravissimo a farci entrare nella pelle dei personaggi e in particolare a farci sentire la caduta verso la follia di alcuni di essi e la lotta per non caderci da parte di altri e ovviamente a depistarci.
Vanessa Belardo mette al servizio di questa profondità psicologica tutto il suo chiaroscuro e tutta la sua capacità di scavare nel volto dei personaggi, e poi è davvero abilissima nel suscitare quell’inquietudine che ci aspettiamo dal leggere una ghost story. Le apparizioni della dama bianca e della dama nera sono nella prima parte livide presenze spettrali, mentre nel finale la disegnatrice si diverte ad attingere all’horror più splatter e lovecraftiano. Ottime infine tutte le ricostruzioni delle ambientazioni dell’800 dai vestiti alle case.
Ora aspettiamo il numero 281 dove avremo molti ritorni: l’Italia tra Venezia e Napoli e il Conte di Saint-Germain, Simone Delladio ai disegni e soprattutto Mauro Boselli ai testi (manca dal n.273… ben 8 numeri: un record!).
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