Vi presentiamo la recensione di Aguas Negras, il nuovo cartonato alla francese di Tex di recente uscita. I testi sono di Pasquale Ruju e i disegni di Giampiero Casertano.
Immancabile come ogni febbraio da alcuni anni a questa parte, è spuntato nelle edicole il cartonato di Tex alla francese, vale a dire un volume di 48 pagine in grande formato, con carta lucida e a colori che presenta una storia inedita e completa del ranger (anche se in passato sono comparse due ristampe). La collana semestrale è, a parere di chi scrive, la più riuscita dell’ultimo decennio di tutta la Sergio Bonelli Editore e ha donato al pubblico opere di altissima caratura sulla quale si sono avvicendati maestri del fumetto di calibro italiano e internazionale come Stefano Andreucci e Corrado Mastantuono o R.M. Guera ed Enrique Breccia. In questo caso si ricompone la coppia composta da Ruju e Casertano, di nuovo insieme dopo il Texone Old South dell’anno scorso.
Aquas Negras – Tex alla francese n.14
Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju
Disegni e copertina: Giampiero Casertano
Colori: Matteo Vattani
Sinossi: lo spietato ranchero Don Vicente ha deviato il corso di un fiume costruendo una diga, affamando un intero villaggio di contadini. Un gruppo di cittadini si presenta alla diga per protestare e si verifica una strage alla quale scampa solo Felipe. Tex e Carson giungono al villaggio e vengono a sapere della vicenda. Si recano subito da Don Vicente per chiedergli spiegazioni e scoprono che la figlia del ranchero, Camila, è stata rapita da un gruppo di banditi.
Vi avvisiamo sin d’ora: per poter parlare abbondantemente di questa storia è necessario piazzare ora un bellissimo
ALLARME SPOILER (lasciate ogni speranza o voi che proseguite la lettura)
Chi scrive è da anni un estimatore di Pasquale Ruju come autore, prima su Dylan Dog e poi su Tex, ma anche sulle sue opere soliste come Damian e Cassidy. Ciononostante l’impressione è che stavolta le cose non siano andate per il verso giusto e che la storia presenti una serie di scene ad effetto potenzialmente efficaci, ma che inserite nella cornice narrativa finiscono per risultare forzate, o addirittura incoerenti.
Se il fatto che il giovane Felipe sia l’unico superstite della strage alla diga è ammissibile ai fini dello sviluppo narrativo, il suo piano per convincere Don Vicente ad abbattere la costruzione è farragginoso sotto ogni punto di vista: Felipe approfitta della propria amicizia, e forse qualcosa di più, con Camila per far rapire quest’ultima da un gruppo di criminali e convincere il padre a distruggere la diga per riavere la figlia. La parte più controversa, però, è nel finale: Tex libera Camila e lascia che lei e Felipe tornino a casa da Don Vicente. Se il padre riabbraccia la figlia, il giovane non perde occasione di chiedere la distruzione della diga e il possidente, per tutta risposta, lo cattura, gli lega un cinturone di dinamite attorno al busto e lo mette sul fiume in secca per farlo saltare in aria. A quel punto compaiono Tex e Carson, i quali sembrano aver intuito il piano di Don Vicente e si scontrano con i suoi sgherri. Nel frattempo, Felipe si lancia contro la diga e un proiettile colpisce la dinamite, facendo esplodere lui, la diga, Don Vicente e la sua cricca.
Un finale del genere da un lato ha tutti i crismi per essere drammatico e spettacolare (e i disegni di Casertano aiutano), dall’altro i dialoghi fra Tex e Don Vicente fanno capire che quello di lasciare Felipe alla mercé del possidente era parte di un più vasto piano del ranger, un piano che, però, ha di fatto provocato proprio la morte del giovane, morte che ricade sul protagonista. Oltre a ciò, non è del tutto chiara la ragione per la quale Tex organizzi un piano così arzigogolato: in passato non si è mai fatto troppi problemi nello sbatacchiare chiunque lo meritasse, anche senza bisogno di prove inoppugnabili, mentre qui sembra muoversi sempre con estrema cautela.
A conti fatti è proprio il protagonista quello che esce peggio da tutta la storia: provoca indirettamente la morte di Felipe, la storia d’amore con Camila è spezzata e, dulcis in fundo, la strage dei campesinos viene vendicata proprio da Felipe stesso nella sua corsa suicida.
L’impressione, quindi, è che la storia si basi su alcune scene madri, mentre di solito è il contrario, le quali risultano forzate e perdono conseguentemente di drammaticità.
In quanto ai disegni, Giampiero Casertano è il più francese, come stile, taglio delle inquadrature e respiro del racconto, fra gli autori che si sono finora avvicendati sulla collana dei cartonati e questo è uno dei suoi punti di forza. Se nel Texone si era espresso benissimo grazie al bianco e nero, qui migliora ancora di più, asciugando maggiormente il proprio tratto e lasciando al colore del bravissimo Matteo Vattani il compito di valorizzare il tutto. Risulta davvero complesso trovare ancora qualcosa da dire riferito a un disegnatore con all’attivo circa 40 anni di carriera, se non che con questa nuova collaborazione con il ranger di casa Bonelli ha dimostrato di essersi saputo brillantemente reinventare. Non sappiamo se la collaborazione con Dylan Dog, serie sulla quale Casertano ha militato per anni disegnandone alcune delle storie più amate dal pubblico, sia terminata definitivamente, ma il disegnatore milanese ha trovato una nuova strada.
In conclusione siamo di fronte ad un volume che, pur conservando intatto il valore della collana, ci sembra non raggiungere le vette toccate da altri albi visti in questi anni.
Assolutamente d’accordo. La sceneggiatura è il punto debole, peccato, ma il resto è godimento.