Daryl Zed nn.1-2 (gennaio-febbraio 2020)

Scritto da Paolo M.G. Maino

23 Feb, 2020

In una ricerca di nuovi formati, di nuove vie di pubblicazione, di nuovi orizzonti narrativi che la Sergio Bonelli Editore sta percorrendo in continuazione in questi anni (con esiti molto interessanti dal punto di vista dei prodotti ma magari non sempre con il successo sperato) è ora il momento per noi di FumettiAvventura di presentarvi la miniserie in sei numeri dedicata a Daryl Zed scritta da Tito Faraci, disegnata da Nicola Mari e colorata da Sergio Algozzino con voluti effetti Pop e insistita retinatura da fumetto Marvel di fine anni sessanta e anni settanta. Ma aggiungo che il prodotto gode anche di una spassosa Quarta di copertina sempre di Sergio Algozzino e di un racconto in prosa a sé stante rispetto alla storia a fumetti ma altrettanto pulp e sullo stile delle ‘dime novels’ dell’arguto Marco Nucci.

 

 

Daryl Zed 1-2 

Soggetto e sceneggiatura: Tito Faraci

Disegni: Nicola Mari

Colori e Quarta di Copertina: Sergio Algozzino

Racconto in prosa: Marco Nucci

Già frastornati da questa presentazione? Troppe parole? Può essere. Ma se poi ci aggiungiamo che si tratta di fumetti in formato Bonelli a colori di sole 32 pagine, distribuite solo in fumisteria… qualche dubbio ulteriore può sorgere sulla validità dei soldi spesi (ovvero € 3,50 ad albo)…

E allora senza remore diciamo che cosa funziona (tanto) e che cosa non funziona (poco) di questo prodotto editoriale. 

 

 

Partiamo da cosa non funziona: le copertine che sono la semplice riproposizione di una vignetta della storia e poi il costo, nonché perché non li valga in assoluto, anzi. Se confrontiamo questo prezzo con quello dei nuovi spillati Panini che per altro stampano ‘solo’ delle traduzioni (anche se in carta di maggior pregio indubbiamente), direi che si tratta di una quotazione tutto sommato ragionevole. Il problema è ovviamente il lettore Bonelli tradizionale che non si è ancora abituato a questa varietà di prezzi che vanno dai € 2,50 delle strisce Zagor agli oltre € 30,00 per alcune edizioni da libreria.

Si tratta di scegliere! Ma non necessariamente il non poter/voler comprare tutto è un male. Anzi. Al lettore spetta di trovare la qualità e il gusto che più gli aggradano.

Sulla scelta delle copertine, attuata in modo simile per Cani sciolti e Darwin (e non credo abbia portato molto bene né all’uno né all’altro…) non so bene che pensare. Solo un risparmio? Può essere. Anche se qui l’effetto ‘alla Roy Lichtenstein’ è sicuramente voluto e l’immagine ingrandita lo amplifica.

 

 

La sceneggiatura di Tito Faraci

Ma veniamo al contenuto. Daryl Zed per chi non lo sapesse è un’altra invenzione di Tiziano Sclavi che lo ha inserito come ‘personaggio di un fumetto’ in un albo di Dylan Dog (il mitico Caccia alle streghe DyD n.69 coi disegni di Piero Dall’Agnol). Daryl è un cacciatore di mostri senza scrupoli in un mondo pulp in cui i cattivi sono i cattivi e i buoni sono i buoni. Nessuna sfumatura. Insomma il contrario di Dylan Dog sia come personaggio (non ha nulla di intimistico e introverso, nessuna incertezza esistenziale) sia come ambientazione. Una realtà totalmente e volutamente fittizia. Un gioco metafumettistico in cui Sclavi prendeva in giro la sua stessa creatura all’ora in mezzo ad un successo enorme e forse anche inaspettato. Daryl Zed è in sintesi la controparte pulp e zarra del post-moderno dylandoghiano.

La creatura di Sclavi/Dall’Agnol è ora ripresa in mano da Tito Faraci e da Nicola Mari. Faraci è un autore che ha saputo firmare storie nel più classico stile Bonelli e in quello Disney e sicuramente ha nelle sue corde l’azione e l’umorismo (in Bonelli ha scritto per Tex ma anche la miniserie di Cico A spasso nel tempo e ora sta lavorando insieme a Silvia Ziche alla serie Audace quasi da sit-com Quei Due).

 

 

Per una produzione che fa dell’esagerazione e della ripresa in senso ironico delle produzioni hard-boiled di anni ’50 e ’60 (ma anche prima in realtà) direi che la doppia scelta di sceneggiatore e disegnatore è azzeccata.

Faraci gira bene alternando un gioco di citazioni marcato e volutamente ostentato con una trama che comunque vuole darci la giusta dose di mistero e di suspence.

Bellissimo il gioco di richiami metafumettistici: se in Caccia alle streghe era Daryl Zed ad essere un personaggio dei fumetti nel mondo reale di Dylan Dog, qui invece è Dylan ad essere un personaggio inventato plasmato proprio dal suo creatore Tiz (ma va?) sulle imprese di Daryl. 

Gustosa in questo senso è la scenetta in cui Daryl incontra Tiz e dal suo racconto dello scontro contro il cattivo Johnny Freak (niente di compassionevole nella sua versione darylzeddiana) nasce nello scrittore lo spunto per il noto albo omonimo di Dylan Dog ma ovviamente con un Johnny vittima della situazione, senza poteri telecinetici e inguaribilmente buono. Questo è il commento di Daryl: «Tiz, lo so che Dylan Dog è un successo… il che, in un certo senso, ti mette dalla parte giusta perché chi vince ha sempre ragione… Tuttavia, questa tua simpatia per i mostri è troppo assurda! Dai retta ad uno che se ne intende!». 

 

 

Per altro aggiungo che il modo in cui Daryl ha la meglio sul cattivo Johnny Freak è una citazione voluta e poi commentata con Tiz personaggio de L’alba dei morti viventi (quante Albe dovremo ancora leggere?? Ah ah!!). 

Insomma, si gioca e ci si diverte e lo si fa con un personaggio che Faraci sente evidentemente come un oggetto a lui congeniale proprio per la sua natura così netta. Del resto come annuncio il titolo del primo episodio I mostri sono loro non ‘siamo noi’. Mostri brutti e cattivi per cui non è possibile parteggiare. Le battute dei protagonisti sono spesso telefonate e da cliché perché è questo che ci aspettiamo e che vuole questo fumetto grottesco.

 

I disegni di Mari e i colori di Algozzino

A sostenere il compito di Faraci del resto contribuisce il lavoro di Nicola Mari che sembra perfettamente a suo agio in questo modo così da pop-art in cui può giocare su tutto un campionario ben noto di inquadratura, di tagli cinematografici, di primi piani e di particolari in un vorticoso girare della camera da presa.

E se Mari fa bene il suo lavoro e si diverte evidentemente moltissimo a rappresentare stragi di vampiri a colpi di proiettili esplosivi di legno di frassino, non di meno è il lavoro di Sergio Algozzino ai colori. La tavolozza dei colori  è spalmata senza quasi sfumature se non quelle date dai chiaroscuri tipici del disegno di Mari; l’uso del retino digitale poi, come già evidenziato per le pseudo-copertine (passatemi il termine anche se qui nella logica tipicamente industriale della riproducibilità e non unicità dell’opera d’arte per la Pop Art… tutto sommato ci potrebbe essere anche una motivazione alta e estetica a questa forma di copertina) è un omaggio a Roy Lichtenstein e al suo periodo ‘fumetto’ (ne ha avuti tanti altri, eh!). 

 

 

I colori che dominano sono il verde acido, il fucsia, il viola, l’azzurro accesso. Spesso sono colori che riempiono completamente lo sfondo della vignetta mettendo ulteriormente in risalto le intense espressioni dei primi piani di Mari.

Anche le onomatopee, uno dei più classici segni del fumetto, sono colorate in modo vivace e psichedelico.

 

…e non dimentichiamoci la Terza di copertina di Nucci e la Quarta di Algozzino

Ma non è finita qui. In queste solo 36 pagine abbiamo anche le interessanti Terza e Quarta di copertina.

Nella Terza trova posto il racconto in prosa a puntate di Marco Nucci: Il serial killer della terza di copertina. Nucci conferma le sue doti di fine scrittore che dimostra qui di conoscere le regole del gioco. Sembra di essere in una versione ironicamente rivisitata  dei racconti apparsi sulla rivista Black Mask degli anni venti e trenta negli States. Ma ovviamente c’è anche Chandler, Ellery Queen, una spolverata di procedural, un po’ di film noir con il detective bello e dannato amante dell’alcool (come lo è del resto anche Daryl Zed).

 

 

La Quarta di copertina, infine, è di nuovo territorio di Sergio Algozzino che si diverte a imitare le pubblicità che si potevano vedere nelle quarte di copertina degli albi di Topolino negli anni ’60 e ’70 con giochi improbabili come Il Galeone che non si monta mai e poi aggiunge due strisce di Craven Road “Comics” dedicate alla versione strip e umoristica di Dylan, Groucho e co.

In sintesi un prodotto che è davvero ben curato e che mi ha fatto divertire. Quindi il mio consiglio è di andare in fumetteria e darci un’occhiata. Non si tratta di un prodotto di mero collezionismo dylandoghiano, ma è un albo ben strutturato che ha una sua chiara identità. Se vi piace Mari (e poi Stano), se vi piace il pulp e la sua parodia, se vi piace la bella scrittura in prosa e in fumetto, se vi piace la pop-art… beh forse Daryl Zed è per voi!

 

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