La prigioniera – Tex Willer n.8 (giugno 2019)

Scritto da Francesco Benati

15 Lug, 2019

Vi presentiamo la recensione de La prigioniera, nuovo albo di Tex Willer, serie varata l’anno scorso dalla Sergio Bonelli Editore e che racconta le avventure giovanili di Tex quando ancora era un fuorilegge di vent’anni. Al timone della serie, e di questa storia, il curatore e sceneggiatore Mauro Boselli, mentre ai disegni troviamo Bruno Brindisi, che già aveva realizzato alcune sporadiche, ma importanti avventure del ranger in versione adulta e che qui fa la figura del disegnatore titolare.

 

La prigioniera – Tex Willer n.8

Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli

Disegni: Bruno Brindisi

Copertina: Maurizio Dotti

Con La prigioniera, la lunga saga primaverile/estiva di Tex Willer arriva ad un punto di svolta: manca ormai solo un albo per concluderla e siamo certi che sarà all’insegna del piombo più rovente.

Facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti: Tex si imbatte in una coppia di disertori messicani e, con loro, si dirige a Saint Thomas dove pensa di ricongiungersi con Tesah, lasciata al termine dell’avventura precedente. Purtroppo le cose non vanno per il verso giusto e la principessa indiana è stata rapita dai comancheros assieme ad altre ragazze: messa assieme un posse, Tex e i suoi pards liberano alcune fanciulle e poi raggiungono il luogo dove è tenuta prigioniera Tesah: Rancho Sangriento.

 

Tex e i suoi pards si preparano a dare l’assalto al ranch dove Tesah è tenuta prigioniera: lo scopo dei rapitori è quello di estorcerle il segreto del tesoro dei Pawnee di cui si è parlato della prima storia di questa collana che riprendeva Il totem misterioso di GL Bonelli e Aurelio Galleppini. Tex sta quasi per farcela, quando all’improvviso qualcosa va storto e il fuorilegge viene riconosciuto. Circondato da centinaia i soldati messicani, per il nostro eroe sembra essere la fine.

Una volta terminata, sarà bene rileggere dall’inizio questa saga-monstre di ben cinque albi per timore che possa esserci sfuggito qualcosa, ma per il momento possiamo dire che Mauro Boselli ha svolto un ottimo lavoro: pur rispettando appieno le caratteristiche del Tex dei primissimi albi, lo sceneggiatore milanese è riuscito a dare un’impronta personale alla propria creatura, anche se è cosa nota che in futuro le storie saranno realizzate anche da altri autori per dare tempo al Bos di tirare un po’ di fiato.

 

Rispetto alla prima tetralogia, questa pentalogia sembra essere più organizzata sullo standard delle 64 pagine della serie, garantendo un tipo di lettura veloce e forsennato, cosa che permette a Boselli di giocare molto sul ritmo e i tempi della narrazione, eliminando il più possibile i tempi morti, i quali invece sono da sempre croce e delizia del Tex adulto. Ma si sa, i giovani vogliono sempre tutto e subito, mentre invece gli adulti sanno dare tempo al tempo.
Nel complesso, Boselli si è adattato abbastanza bene al formato delle 64 pagine, cosa non facile visto che ha praticamente sempre lavorato negli albi standard da 94 o 110, ma l’impressione generale è che questo formato non si adatti pienamente a queste saghe lunghe numerosi albi mensili. Fossero quindicinali sarebbe un altro discorso (e non sarebbe comunque possibile per via dei tempi tecnici di realizzazione), ma spalmati su 30 giorni rischiano di diventare un po’ striminziti e dispersivi.
Va detto, dall’altro lato, che un formato del genere permette di aggiungere quelle famose poche decine pagine che alcuni lettori di Tex lamentano quando una storia si chiude troppo in fretta al termine dell’albo, quindi non tutto il male viene per nuocere, anzi.

 

 

Da applausi a scena aperta invece il lavoro di Bruno Brindisi, il quale si mantiene in linea con gli standard, ottimi dei tre albi precedenti. Purtroppo non posso dire di più su quanto fatto da Brindisi, visto che ne ho già parlato nelle scorse recensioni.
Mi limito solo a dire che la sua Tesah non fa assolutamente rimpiangere la bomba sexy di Roberto De Angelis vista nella saga di debutto, ma, anzi, se possibile è ancora più bella.
Particolarmente apprezzata dal sottoscritto l’atmosfera generale da Il mucchio selvaggio, film culto di Sam Peckinpah, presente lungo tutto l’albo.

 

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