Pochi giorni dopo l’uscita in edicola, ecco arrivare la recensione del nuovo Maxi Zagor Aquila nera, edito sempre dalla Sergio Bonelli Editore, per la sceneggiatura di Jacopo Rauch e per i disegni di Gianni Sedioli.
Puntuale come le tasse, Zagor tende a lasciare la sua amata Darkwood per imbarcarsi nelle cosiddette trasferte, ovvero viaggi che lo portano a vivere avventure in giro per l’America o, più in generale, per il mondo.
Solitamente le trasferte vengono accolte con grande favore dalla maggior parte dei lettori, ma non da tutti. Pur essendo una minoranza, i lettori di Zagor che non amano le trasferte hanno comunque tutto il diritto di farsi sentire e, soprattutto, di essere ascoltati.
Per questo, sulla collana è stato proposto un esperimento interessante: realizzare una trasferta concentrata sui Maxi per lasciare le storie della serie regolare ambientate a Darkwood.
Dopo Terre fredde, Maxi di gennaio scritto da Jacopo Rauch, deus ex machina di questa operazione, e disegnato dai fratelli Di Vitto, abbiamo avuto I cosacchi dello Yukon di Mirko Perniola e Marcello Mangiantini e ora questo nuovo Aquila nera che conclude la parte principale della trasferta. La vera conclusione avverrà sulla serie regolare a partire, come sembra, da gennaio 2019 ad opera del curatore Moreno Burattini.
Aquila nera – Maxi Zagor 34
Soggetto e sceneggiatura: Jacopo Rauch
Disegni: Gianni Sedioli
Copertina: Alessandro Piccinelli
Sinossi: Zagor e Cico sbarcano in California per proseguire via terra il viaggio verso Darkwood, ma vengono coinvolti nello stato di tensione fra gli indipendentisti californiani e i colonialisti messicani, i quali voglio mantenere il controllo su quella zona degli Stati Uniti. In questo scenario, Zagor e Cico si imbatteranno sia in vecchi amici che in un vecchio e inaspettato nemico.
E con questo Aquila nera, Rauch conferma sia il suo particolare stato di grazia che sembra non mostrare segni di cedimento, sia di essere uno sceneggiatore squisitamente bonelliano e nolittiano, capace di prendere il lettore per la collottola e trascinarlo nell’azione più sfrenata. In questo Maxi, Rauch prende di peso dal maestro Mauro Boselli per realizzare una storia complessa, ricca di personaggi ottimamente caratterizzati, doppi e tripli giochi e di continui ribaltamenti di fronte. Non a caso, questa storia è il sequel diretto di Sfida a Los Angeles scritta dallo stesso Boselli più di venti anni fa.
Rauch si concede anche un tocco di vanità recuperando addirittura un suo vecchio personaggio scritto ormai diversi anni fa in una storia realizzata sempre in coppia con il disegnatore Gianni Sedioli (e forse qui vi ho dato un indizio importante).
Se escludiamo una leggera bulimia nella sceneggiatura – ma i vari pezzi si tengono comunque insieme – e un finale che non mi ha soddisfatto del tutto (ma solo per una questione del tutto personale), il lavoro di Rauch è comunque meritevole di lode. Non c’è dubbio che questo sceneggiatore sia uno dei migliori in forze alla Bonelli in questo momento e il suo recente ingresso nello staff di Tex, sia pure part time per continuare a scrivere Zagor, lo dimostra appieno.
C’è poco da fare: a me Sedioli sta simpatico. Sarà per quel suo stile ruvido e nervoso, sarà perché ha quel tratto sempre rassicurante che non fa mai male, sarà perché in fondo al cuor non si comanda, fatto sta che a me il disegnatore romagnolo è sempre piaciuto e anche in questo volume fa la sua bella figura. Certo, l’overdose di impegni a cui è stato sottoposto negli ultimi anni tra albi speciali e serie regolare ha un po’ compromesso il risultato finale dell’opera e su tutte le 288 pagine del Maxi aleggia un certo senso di frettolosità.
In definitiva, un bel Maxi Zagor che mantiene alta la bandiera di una collana che negli ultimi anni si è davvero risollevata qualitativamente dopo essere stata, per anni, la riserva indiana per storie e disegnatori non adatti al mensile.
Ultima postilla: l’esperimento di destinare una trasferta, seppur breve, sui Maxi, mi ha lasciato sostanzialmente indifferente. Benché tutti e tre i volumi che compongono la trasferta mi siano piaciuti tutti, aver dovuto attendere quattro o cinque mesi fra una storia e l’altra non ha aiutato nel garantire la sensazione di continuity di questa saga.
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