Hell City Blues – Nathan Never Generazioni 1 (maggio 2018)

Scritto da Manuel Enrico

27 Mag, 2018

Dopo la lettura del numero 0 di Nathan Never: Generazioni l’ansia per la nuova miniserie partorita dalla vulcanica mente di Antonio Serra era schizzata alle stelle. La sfida non è certo una delle più agili, visto che alla base di Generazioni ci saranno sei numeri che affrontano altrettante diverse incarnazioni del nostro Agente Alfa.

 

 

Hell City Blues – Nathan Never Generazioni 1

Soggetto: Antonio Serra

Sceneggiatura: Giovanni Eccher

Disegni: Alessandro Russo

In tal senso, il numero 0 è stato la chiave di lettura dell’intero progetto, una strutturazione di questa nuova visione del multiverso in cui andrebbe ricercato un filo conduttore unico: Nathan Never. Già l’ottima prova di Massimo Dall’Oglio e Adriano Barone hanno mostrato come questa concezione si sposi  non solo a quanto giù visto in precedenza su Nathan Never, ma con la fantascienza stessa. Un tizio con le orecchie a punta dal sangue verde potrebbe ricordarci che esistono infinite dimensioni, in infinite combinazioni.

Leggendo Hell City Blues, ad una lettura approfondita, ha una visione che può quasi sembrare mistica: certi fili del destino sono destinati ad intrecciarsi, magari cambiando forma, ma mantenendo una certa struttura che tenta di preservare una propria natura.

 

 

Hell City Blues è la prima conferma di come Serra abbia scelto di lasciarsi influenzare da alcuni influenze nel ricostruire il mondo di questi Nathan Never alternativi. Da un punto di vista narrativo, il primo volume di Nathan Never: Generazioni è ambientato in un mondo dalle tinte noir, in cui il canone narrativo delle detective stories pulp emerge lentamente, ma con un ritmo apprezzabile ed avvolgente.
Incaricato di sviluppare l’idea di Serra, Giovanni Eccher ha saputo come rimanere in equilibrio tra il mostrare un Nathan Never diverso eppure fedele ad una certa intensità d’animo che lo renda al contempo fedele a sé stesso. Questa familiarità non deve esser ricercata solo nei nomi che sono parte del mito di Nathan, ma in come il Nathan alternativo mantenga quella sua idealizzazione che gli appassionati del personaggio hanno imparato a cercare.

 

 

Hell City Blues è la visione su come Nathan Never sarebbe in un mondo in cui la tecnologia ha subito un nuovo corso, anticipando di decenni invenzioni che ancora stiamo attendendo ed altre sopraggiunte decenni dopo. Questa commistione tra suggestioni cyberpunk e detective story è divenuta una narrazione che ha una personalità inconfondibile, resa ancora più solida da una vena citazionista.
Difficile non ravvisare già nella stupenda copertina di Alessandro Russo lo spirito milleriano scatenato in Sin City, una sensazione che torna anche nella lettura dell’albo. Il Ned Mace di questo universo ha una certa risonanza con il Marv di Miller, non solo in alcuni richiami dei ritratti, ma anche grazie ad un sapiente utilizzo delle didascalie.

 

 

Eccher ci rende partecipe dei pensieri di Mace proprio ricorrendo a questo espediente, riuscendo a riprendere una narrazione noir che era una delle caratteristiche principali del lavoro milleriano. Siamo quindi di fronte ad una copia? Non direi. Certo, il confine tra ispirazione e plagio è piuttosto labile, ma in questo caso va tenuto conto dello spirito alla base di Nathan Never: Generazioni: Nathan Never in diversi universi.
E il nostro Antonio ha lasciato permeare alcune sue passioni, che inevitabilmente finiscono per comparire nella storia, come la canzoncina di Mace che ricorda molto quella di Roy Batty in Blade Runner o la citazione a Il mistero del Falco. La bravura di Eccher è stata quella di inserire tutto questo universo parallelo (presentato in modo rapido ma puntuale ad inizio albo nel City News) in una storia che non solo presenta un Nathan Never alternativo affascinante e più cinico, ma che potrebbe esser benissimo un primo numero di un’interessante serie a fumetti.
Questa sensazione è anche merito di Alessandro Russo, che oltre ad essere l’autore della copertina, ha realizzato le tavole di Hell City Blues. L’utilizzo del bianco e nero in una storia noir non è mai semplice, si deve creare una certa atmosfera giocando con ombre e giochi di luce che devono rimanere in linea con la storia.
Russo dimostra di avere non solo appreso la lezione di Miller in Sin City, ma anche quella di una scuola di disegnatori noir ancora più datata ed espressiva. In alcuni punti sembra di vedere un’impostazione della visione della scena che ricorda il Torpedo di Toth, ma in ogni disegno Russo sembra esser pienamente padrone della storia, riuscendo a far emergere dettagli ed espressività dai personaggi.

 

 

Anche se non mi ha del tutto convinto una prospettiva in tavola 72, Russo ha saputo come dare piena potenza alla storia di Hell City, valorizzando alla perfezione un ambiente urbano che fosse il più intenso scenario per una storia simile, al punto da esser un personaggio silente ma mai lontano dai nostri  sguardi.
Da segnalare anche il buon lavoro di Luca Corda al lettering. Il cambio di impostazione tra i pensieri di Ned e gli altri balloon è delicato ma ben delineato, mostrando una sensibilità ed una percezione della storia anche in questo elemento dell’albo.
Il primo numero di Nathan Never: Generazioni mostra subito, senza esitazioni, il carattere particolare ed onesto della miniserie, che si mantiene fedele a quanto detto e mostrato dal numero 0.  La riconferma ci aspetta in edicola il 23 giugno con il secondo albo di Nathan Never: Generazioni.

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