Pubblichiamo con grande piacere un post di Manuel Enrico che ci racconta la sua lunga frequentazione con un importante serie a fumetti: Nathan Never. Una riflessione sincera e affettuosa che descrive anche una parabola tipica di tanti lettori seriali.
Nathan Never: storia di una lunga amicizia
Crescendo, Nathan Never è stato un amico fedele, quello che ogni mese puntualmente ti viene a trovare e passa un po’ di tempo con te raccontandoti la sua vita. Certe volte anche più di una, con l’arrivo di speciali, almanacchi e giganti. Generosamente ha anche presentato nuovi amici, come Legs, o il Dipartimento 51, la Sezione Eurasia ed altri ancora. C’è sempre stato quel rapporto di confidenza e rispetto che nasce da una passione comune, la fantascienza. Ma si sa, a volte il tempo cambia il nostro modo di vedere le cose.
Le prime storie avevano un gusto tutto loro, particolare. Si respirava una fantascienza che era sempre il punto focale della narrazione. Nathan Never era l’eroe del futuro, che affrontava sfide incredibili con un occhio anche a certi elementi quotidiani. La saga dei mutati poteva essere una sfida al razzismo, l’epopea di tecnodroidi puntava il dito verso un uso scriteriato della tecnologia e la sua inquietante oppressione all’uomo. Insomma, futuro e critica sociale in perfetto equilibrio. Il vero punto forte erano però le Storie, quelle con la S maiuscola, in cui venivi rapito e portato in quel girone infernale di metallo e cemento in cui si muove il nostro Agente Alfa. Ho sempre avuto a cuore due autori in particolare di Nathan, Antonio Serra e Stefano Vietti, autori di momenti epocali del nostro agente.
Il primo è la nostalgia. I primi numeri saranno sempre i migliori, sono il momento in cui conosciamo il personaggio, iniziamo a sondare il suo mondo e a prendere visione della sua personalità. Storie come Gli occhi di uno sconosciuto, Inferno e L’abisso delle memorie sono vette narrative che difficilmente Nathan Never riuscirà a bissare. Vuoi perché erano firmati dai creatori del personaggio, vuoi perché noi lettori all’epoca avevamo un’altra percezione del mondo, quell’empatia è stata un’alchimia rara, possibile all’inizio della nostra amicizia con Nathan.
Teniamo presente che la crescita di un personaggio avviene anche con il cambio di autori e disegnatori. L’affetto che possiamo avere per Castellini, Toffanetti o Bastianoni può averci portato ad idealizzare Nathan in un certo modo, e veder nuovi stili può portarci a storcere il naso. Personalmente, ho attraversato una fase in cui mi sono ritrovato a chiedermi se quello che vedevo in edicola fosse sempre Nathan o una sua copia sbiadita. Sono stato a un passo dal rinunciare al nostro appuntamento mensile, lo confesso. Ci sono state storie che mi hanno lasciato con l’amaro in bocca, sembravano esser dei semplici filler in attesa di offrire nuovamente al lettore qualcosa di valido, ma nel frattempo usiamo ciò che abbiamo. È stato un periodo piuttosto arduo, in cui gli albi meritevoli erano sempre meno e le pubblicazioni mediocri sempre di più.
Ancora fatico ad apprezzare il Magazine, che ha perso la valenza che aveva il mitico Almanacco della Fantascienza. Siamo onesti, tranne che per gli interessanti dossier contenuti nei Magazine, ormai son due anni che viviamo di ripubblicazioni, inserite in un albo che sappiamo verrà acquistato dai collezionisti di Nathan Never, gente capace di passare serate su Ebay in cerca di un albo speciale per una fiera del fumetto. A questi appassionati, fedeli compagni avventura di Nathan, non spetta materiale inedito? Gente che magari ha preso il numero di Comic Art una sola volta nella vita per la storia di Nathan, riproponi il numero cento? Andiamo, dai!
È diverso dal Nathan degli esordi? Assolutamente si. È per forza un male? Dipende da cosa stiamo cercando. Dopo venticinque anni di vita editoriale, Nathan Never ha affrontato un nuovo corso narrativo, lo sta ancora affrontando onestamente, scegliendo di andare verso nuove direzioni. In diversi albi l’Agente Alfa è quasi una comparsa, lasciando spazio ad altri colleghi. Se da un lato possiamo chiederci se sia giusto mettere in panchina il protagonista, dall’altro abbiamo la possibilità di dare una maggior definizione al mondo di Nathan conoscendo meglio i suoi amici, la sua società. Può esser un cambiamento che infastidisce il lettore affezionato, ancorato ad una tradizione della serie, ma bisogna anche riconoscere che questa nuova rotta può aprire ad alcune interessanti novità narrative, a patto che noi accettiamo di veder evolvere la serie. O meglio, che la accettiamo la sua crescita, una nuova visione del mondo di Nathan che echeggia anche la nostra crescita personale.
È un patto tra lettore e autore. Noi possiamo provare a mantenere una mente aperta, ma dall’altra parte ci deve essere la volontà di mantenere alta la qualità delle storie. Il giudizio personale sarà sempre una bilancia impietosa su cui giudicare la validità del singolo albo, ma bisogna avere sempre fiducia e rispetto in chi ogni mese ci offre un’avventura. Specialmente quando la storia ci delude, perché comunque sia c’è sempre dietro un lavoro di mesi, fogli cancellati e riscritti, tavole disegnate da capo. Una storia sottotono capiterà sempre, anche nelle migliori serie, ma l’importante è sentirsi sempre vicini al mondo di Nathan.
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