Immaginare una città immensa e tentacolare come quella in cui si muove Nathan Never improvvisamente al buio è angosciante. In una realtà in cui tutto è mosso dall’elettricità, la repentina mancanza di energia ha la possibilità di mettere in ginocchio un’intera megalopoli, una difficoltà non da poco che deve aver stuzzicato la curiosità di Giovanni Gualdoni, che firma la sceneggiatura di Black Out, il numero di gennaio della serie regolare di Nathan Never.

Impegnato in una difficile trattativa con un terrorista asserragliato in un palazzo in costruzione, Nathan è affiancato da Ekene, la giovane psicologa in forze all’Agenzia Alfa. La scelta di metterci subito nel vivo dell’azione è una buona proposta, mutuata dal mondo delle serie TV odierne, una strategia con cui si stimola il senso di attenzione dello spettatore. Questo espediente di difficile utilizzo funziona anche nel mondo dei fumetti, a patto di riuscire a mantenere quel senso di tensione iniziale che non deve perdere di intensità o si infrange l’empatia fra storia e lettore. Gualdoni ha ben chiaro questo passaggio chiave, e ci guida in una lenta ma ritmata trattativa con il terrorista fino all’elemento portante della storia: l’esplosione di un ordigno elettromagnetico che genera il black out del titolo.
La forza di questo albo è la gestione emotiva delle conseguenze dell’azione terroristica. La società futura di Nathan Never è fortemente legata all’elettricità, ma quello che Gualdoni mostra è una situazione che potrebbe capitare, in scala ridotta, anche nella nostra attualità. Se da un lato Nathan ed Ekene tentano di mostrarsi solidali e di aiutare i cittadini, non mancano bande di sbandati che paiono trarre piacere nel perdere ogni freno inibitore. La caduta di questo ordine sociale, onestamente, pare un po’ troppo rapido, ma tutto il ritmo di Black out sembra premere in modo eccessivo sull’acceleratore. Sicuramente questo elemento mira a creare nel lettore una certa angoscia, una dimensione emotiva in cui la gravità dell’evento preme per non lasciare tempo al ragionamento, enfatizzando l’aspetto istintivo e facendo appello all’autoconservazione.
Una pressione psicologica che viene esaltata dall’ottimo lavoro svolto sulla figura di Ekene. La giovane psicologa ha sempre un’aria poco smaliziata, afflitta da questo suo continuo elaborare e valutare, al punto di non riuscire a scindere la sua propensione analitica da una situazione di urgenza. Gualdoni riesce a valorizzare con precisione questa caratteristica della giovane, tramite degli scambi divertenti e ben costruiti con Nathan prima, e poi con una logorrea che accompagna Ekene anche in uno dei momenti più intensi della storia di questo mese.

Mi ha lasciato un po’ stupefatto la freddezza con cui Nathan liquida alcune morti nelle prime pagine, ma si potrebbe imputare questo atteggiamento dell’Agente Alfa alla luce della necessità di portare in salvo gli altri sopravvissuti. Il tono da eroe ed il suo senso del dovere, invece, sono sempre ben presenti nell’albo. Personalmente ho letto con interesse questo albo, apprezzandone la struttura emotiva e psicologica dei personaggi, rimanendo solo dubbioso sulla dinamica ipercinetica di alcuni eventi, compreso il salvataggio in extremis, gradito sia chiaro, ma che mi ha trasmesso la sensazione di una chiusura un po’ affrettata.
Lodevole invece il lavoro di Mario Rossi. Riuscire a trasmettere il senso di oscurità all’interno di un fumetto che di natura è in bianco e nero non deve esser stata un’impresa da poco. Il tratto lievemente spigoloso di Rossi viene esaltato da una gradazione scura in cui espressioni dei personaggi e ambiente circostante sono inserite in modo da riflettere l’ansia di una situazione reale. L’altra matita di questo albo appartiene come sempre a Sergio Giardo, il copertinista della serie, che ancora una volta fa sue le dinamiche emozionali della storia e le racchiude in una tavola d’effetto. Il suo Nathan è teso, spaventato ed impotente dinnanzi ad una catastrofe resa non solo con cittadini spaventati ed in fuga, ma anche con una colorazione particolarmente azzeccata, con un fumo che sembra ascendere sulla copertina.

Black out è un albo che, bilanciando pregi e difetti, non scontenta, ma nemmeno esalta. Una lettura piacevole, scorrevole e dal buono equilibrio emotivo, ma che lascia una sensazione di frettolosa conclusione, nonostante un monologo introspettivo finale di Nathan davvero bene scritto.
Il testimone ora passa al duo Pistoia-Toffanetti, che a febbraio si cimenteranno con un tema attuale, come quello dei profughi, in Fuga da Europa.
Ci rivediamo tra un mese per Nathan e prima sul gruppo Facebook L’Avventura a fumetti da A(dam) a Zagor!
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