Leo Ortolani è un autore prolifico e un grande fumettista; è indubbiamente una figura capace di mescolare poesia e ironia con una sapienza non da poco capace di lasciare sempre un messaggio profondo in ogni sua storia tra una risata e un sorriso; tutto questo lo abbiamo visto con la grandiosa saga di Rat Man e con la serie Venerdì 12, così come negli approfondimenti, tipo Cinzia. Purtroppo però, questa voglia dell’autore di approfondire tematiche lasciate in sospeso, finisce per ottenere non sempre ottimi risultati; è il caso di Bedelia, la sua ultima fatica edita dalla Bao Publishing.
Bedelia è un’opera che riesce a trasmettere una doppia sensazione: da un lato permette di riflettere profondamente sulle tematiche dello sfiorire della bellezza, del falso palcoscenico del jet set, dell’amore come simbologia; dall’altro però diventa un’opera con delle falle, capace di ribaltare completamente gli schemi del precedente con una serie di incongruenze inspiegabili e per questo, forse, ancora più amaro per i lettori che avevano letto venerdì 12 come un’opera sull’importanza della maturità nell’amore.
La protagonista di questo fumetto è (ovviamente) Bedelia, la nemesi di Aldo in Venerdì 12; essa è una figura a tutto tondo, vittima di se stessa e della sua bellezza; ma, se in Venerdì 12 essa era la crudele proiezione dell’amore ferito e incapace di guardare oltre il ricordo, in questa opera diventa un personaggio da compatire, quasi patetica, finendo addirittura, nel suo lungo peregrinare, per sembrare una figura positiva, nonostante il suo modo distruttivo di intendere la società e il mondo e nel suo non volersi rassegnare alla decadenza del suo fisico fino alla catarsi finale.
Tutto questo va in controtendenza con il messaggio positivo che ci veniva trasmesso dalla precedente opera di Ortolani e finisce per andare nel solco delle recenti esperienze Disney, dove ormai non esistono più cattivi, ma solo antieroi le cui origini devono sempre essere scusabili a prescindere dalle motivazioni, fossero anche le più futili od abiette.
In Bedelia non vi sono eroi, non vi è positività (a parte una sola figura, ma anche qui il discorso potrebbe essere molto lungo, e si correrebbe il rischio di spoiler), vi è solo l’apparenza, l’incapacità di accettare lo scorrere del tempo e di rassegnarsi a non essere più di moda; ma questa tendenza nichilista e spietata, quasi patetica nel tentativo di ottenere una riscossa, se può andare bene per un neofita, finisce per colpire in negativo il lettore che abbia avuto di fronte il fumetto precedente e vi faccia un raffronto, poiché vi è un diverso approccio ai personaggi che li rende estranei a chi li aveva invece familiarizzati in un certo modo.
L’involuzione peggiore però è la figura di Aldo, che, se nel precedente Venerdì 12 si era finalmente emancipato dall’ingombrante idealizzazione di Bedelia, adesso ci viene presentato come ancora innamorato di lei, come un perfetto fallito, come una figura che non ha avuto alcuna maturazione, a discapito di quanto ci era stato trasmesso con una grandissima forza sia dal punto di vista del disegno che dei testi, nell’opera antecedente.
È vero, il mondo non è fatto di bianchi e di neri, esistono notevoli sfumature di grigio, e i personaggi spesso si trovano a maturare e a cambiare, ma in questo caso Bedelia sembra una forzatura, un controsenso totale rispetto a tutto ciò che ci era stato raccontato con Venerdì 12 e a nulla valgono le simpatiche gag dell’autore a lasciarci una sensazione di opera incompiuta o comunque malriuscita.
In conclusione, Bedelia sembra essere, seppur nell’importanza delle tematiche che Ortolani ci ha voluto raccontare, l’ennesimo sequel di cui non si sentiva il bisogno, creato forse più per cavalcare l’onda dei personaggi alla ricerca di antieroi secondo la moda odierna che non per autentica necessità di trasmettere dei messaggi positivi o comunque di riflessione sul mondo dell’apparenza e della vacuità.
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