Finalmente è in edicola Terre fredde, il nuovo Maxi Zagor, edito come sempre dalla Sergio Bonelli Editore, che presenta un esperimento del tutto nuovo: una serie di tre Maxi collegati tra loro da una trama portante, ovvero la nuova trasferta di Zagor lontano da Darkwood. I testi sono di Jacopo Rauch e i disegni sono affidati ai fratelli Di Vitto.
Terre Fredde – Maxi Zagor 32
Testi: Jacopo Rauch
Disegni: Domenico e Stefano Di Vitto
Copertina: Alessandro Piccinelli
Che i Maxi siano da sempre una delle collane più bistrattate dai lettori della Bonelli è ormai fuori discussione. Si tratta di una serie che negli anni ha presentato autentici saldi della serie regolare, storie che mai e poi mai avrebbero trovato spazio presso la collana madre. Considerando però che parliamo di avventure già pagate (essì, perché, a differenza di quanto si pensi, gli sceneggiatori e i disegnatori vengono pagati per il proprio lavoro), l’editore ha deciso di destinarle a una collana parallela che, considerando il costo non indifferente, ha sempre avuto un giro di vendite minore rispetto alla serie mensile.
Questa regola è valsa più o meno per tutte le serie Bonelli, ma da qualche tempo sembra che la SBE abbia cambiato rotta, perlomeno con Tex e con Zagor.
Quest’ultimo, in particolare, sta vivendo una decisa rivitalizzazione dei Maxi: il primo del nuovo corso è stato il bellissimo Gli uccisori di indiani, sono seguiti Le strade di New York e Il segreto dei druidi, più standard, e poi il meraviglioso I racconti di Darkwood, già un piccolo classico della saga.
Giunge ora in edicola questo Terre fredde che, sin dalle premesse, si dimostra inusuale.
Innanzitutto è un Maxi di ben 322 pagine al posto delle consuete 288, in più rappresenta la prima parte di una breve trasferta zagoriana che coinvolgerà il nostro esclusivamente sulle pagine dei Maxi. Quindi, mentre sulla serie regolare e sugli altri speciali Zagor continuerà a vivere le proprie avventure in quel di Darkwood, sui Maxi visiterà altri posti.
La spiegazione di questa mossa è molto semplice: per anni la trasferta zagoriana per eccellenza è stata quella creata da Guido Nolitta negli anni ’70, la quale è rimasta pressocché un unicum per vent’anni, tranne una breve parentesi negli anni ’80. Poi, con l’avvento alle sceneggiature di Mauro Boselli e Moreno Burattini, Zagor è diventato un autentico giramondo, prima facendo un coast-to-coast degli USA, poi andando in Europa, in Africa, in America Centrale e, qualche anno fa, fino al Polo Sud. Ciononostante, questa abbondanza di trasferte si è trasformata in malumore da parte dei lettori più tradizionalisti, per i quali le trasferte devono essere l’eccezione e non la regola. Considerando quindi che l’anno prossimo partirà un nuovo viaggio in Europa, il curatore di Zagor Moreno Burattini ha scelto di spostare questo nuovo ciclo di Zagor sulla collana dei Maxi (benché il ritorno a casa avverrà, come di consueto, sulla serie regolare).
Veniamo ora al Maxi in questione.
Ai testi troviamo il sempre più bravo e sempre più lanciato Jacopo Rauch. Non esagero quando dico che le migliori storie uscite negli ultimi anni sono le sue e ciò si nota anche dal numero sempre maggiore di storie importanti che gli vengono affidate, sia sulla serie regolare che sugli speciali. Rauch ha un modo di scrivere molto semplice (benché non semplicistico) ed essenziale: le sue storie sono avventura pura, ti prendono per il bavero e ti scaraventano nel bel mezzo dell’azione. In questo senso, Rauch si può considerare il naturale prosecutore dell’opera di Guido Nolitta e, per certi aspetti, anche del Burattini prima maniera.
Qui Rauch si dimostra più nolittiano che mai: in primis, racconta un’avventura classicissima ambientata tra le foreste del nord eliminando qualsiasi traccia di soprannaturale; in secondo luogo, ripesca dal passato un vecchio nemico nolittiano (che non raccontiamo onde non svelare troppo a chi non avesse ancora letto l’albo) che nella sua seconda e ultima apparizione era diventato una specie di semidio indistruttibile. Qui quell’aspetto viene totalmente rimosso grazie ad un abile stratagemma e il nemico in questione riacquista il suo status di essere umano normale, per quanto sempre cattivissimo e fetente fino all’ultimo.
La sceneggiatura di Rauch si rivela solida e quasi priva di punti deboli: dico quasi perché in fondo ci sono almeno due cose che non convincono del tutto: il piano del nemico per vendicarsi di Zagor è particolarmente macchinoso (ma questa è una caratteristica di tutti i piani dei cattivi dei fumetti) al punto da risultare poco credibile e pieno di maccosa??; inoltre lo scontro finale viene ritardato oltre misura.
Spiego senza fare spoiler: verso la fine c’è una battaglia dove sono coinvolti praticamente tutti i personaggi. In quella battaglia, il cattivo scappa e poi si batte con Zagor in un secondo momento. Ecco, per me quello è un piccolo errore, lo scontro doveva avvenire durante la battaglia, avrebbe aggiunto ulteriore tensione a quella scena.
Parliamo però di peccati facilmente perdonabili: il resto dell’albo si mantiene su altissimi standard qualitativi, il ritmo è ben dosato fra scene d’azione e altre più tranquille e i dialoghi sono ben giostrati.
Sul versante disegni c’è poco da dire: i due fratelli Domenico e Stefano Di Vitto, ormai con un buon numero di albi di Zagor sulle spalle, non sono mai entrati nel cuore degli appassionati, forse per via del loro segno troppo lontano dalla tradizione zagoriana, ma con questo albo realizzano indiscutibilmente la loro prova migliore risultando convincenti dalla prima all’ultima tavola. Un lavoro di pregevole fattura che li rivaluta enormemente e fa ricredere anche i più scettici.
In definitiva, ci troviamo di fronte ad un buon Maxi Zagor che prosegue sulla felice strada delle ultime pubblicazioni.
Un buon modo, insomma, di iniziare questo 2018.
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