Con un po’ di ritardo rispetto alla data di uscita, vi presentiamo la recensione di Cuore Apache, il nuovo volume mensile di Tex edito dalla Sergio Bonelli Editore. Ai testi troviamo il veterano Pasquale Ruju, autentico mattatore di questo inizio 2018 che segna, tra le altre cose, il settantennale in edicola del ranger più famoso del mondo. Ai disegni, invece, Yannis Ginosatis, disegnatore greco che ha già avuto modo di farsi apprezzare nella bellissima trilogia de Nel covo del profeta scritta da Mauro Boselli.
Cuore Apache – Tex 691
Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju
Disegni: Yannis Ginosatis
Copertina: Claudio Villa
Sinossi: Johnny è un ragazzo di origini Apache che è stato allevato da un ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti dopo che la sua famiglia era stata uccisa proprio durante le guerre indiane. Divenuto adulto e consapevole delle proprie origini, il giovane uomo decide di tornare nella terra natìa per scoprire la storia dei propri genitori. Il ritorno però è tutt’altro che piacevole. Divenuto provvisoriamente nuovo agente indiano della riserva Apache, Johnny deve affrontare una cricca di affaristi senza scrupoli. Ad affiancarlo, oltre al capo Cochise, anche Tex Willer e Kit Carson, pronti a sostenere il giovane a suon di colt.
Facciamola brevissima: questo primo albo è bellissimo!

La sceneggiatura di Pasquale Ruju colpisce dritta al cuore, i disegni di Ginosatis sono un puro piacere per gli occhi.
Basterebbe solo questo a sintetizzare questo primo albo, ma voglio addentrarmi un po’ più a fondo nella recensione.
Intanto, posso solo applaudire Pasquale Ruju che ha confezionato una storia dall’intreccio convincente e con un retrogusto molto drammatico. Certo, non mancano alcuni colpi “alla Ruju” come il fatto che Tex e Carson incontrino il giovane Johnny per puro caso (sembra essere uno dei vezzi dell’autore, un po’ come i duelli con il coltello), ma sono quelle mazzate alla sospensione d’incredulità tipiche della narrativa.

Se escludiamo queste cose di poco conto, la sceneggiatura di Ruju fila via liscia come l’olio con un nugolo di scene alla Tex che fa sempre piacere vedere e che conferma, semmai ce ne fosse bisogno, la tendenza di Ruju verso il melodramma, termine usato in maniera più che positiva, vista che mette al centro della scena il dramma umano del giovane Johnny.
Poi sì, abbiamo alcune scene che ormai non stupisce neppure più di tanto vedere, come il giovane guerriero che si ribella a Cochise, anche con il rischio di scatenare una nuova guerra indiana. D’altronde siamo su Tex, quindi le ripetizioni sono all’ordine del giorno.
Insomma, Ruju si conferma un autore con la A maiuscola capace di coniugare adeguatamente modernità e tradizione.
A spalleggiarlo ci pensa Ginosatis, autore di una prova che definire ottima è dire poco. L’unica pecca, se vogliamo, al disegnatore greco, è che insiste con le inquadrature strette, tranne che nella meravigliosa scena iniziale, dando un taglio più televisivo che cinematografico all’intera vicenda. Però ehi, sarà anche televisione, ma è sempre una bellissima televisione! Ginosatis rende benissimo gli indiani Apache come pochissimi altri prima di lui (solo Giovanni Ticci ha fatto meglio, ma Ticci ha fatto meglio tutto, quindi non fa testo) e dona anima e corpo a Johnny, vero protagonista della vicenda, ragazzo che pian piano scopre tutti i tormenti della propria esistenza a metà. Ottima anche la rappresentazione di Cochise, vecchia spalla di Tex sin dai primi cento numeri della serie, nonché di quella del ranger stesso.
Tex e Carson sono caratterizzati in maniera ottimale sia da Ruju che da Ginosatis, non perdendo un’oncia del loro fascino, ma anzi, uscendo vincenti alla fine dell’albo.
Per chiudere la rece, siamo di fronte ad un buon primo albo che lascia ben sperare per la conclusione che vedremo nel mese di giugno. L’unica vera pecca che mi sento di muovergli è che forse c’è troppa carne al fuoco per stare all’interno della gabbia dei due albi e forse lo sviluppo intero della trama meriterebbe forse un terzo volume, ma la speranza è che Ruju riesca a dare alla vicenda una degna conclusione con il giusto ritmo e senza mozzare troppo i tempi.
E voi che ne pensate?
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