Stella d’argento -Tex Willer Speciale n.8 (luglio 2024)

Scritto da Paolo M.G. Maino

6 Ago, 2024

Fare una recensione di una storia di Giorgio Giusfredi è sempre un’occasione per ricomprendere meccanismi narrativi ben collaudati e nello stesso tempo originali. Un’apparente antitesi che è il vero sale di racconti (qualunque sia il medium scelto) che funzionano e che ci fanno compagnia per un po’ di tempo.

Inoltre Giusfredi fa della essenzialità un suo personale segno espressivo (come già la nostra Chiara Cvetaeva rilevava a proposito di un albo di Dampyr:«Quel che scrive, sembra essere sopravvissuto a un lungo, paziente lavoro di levigatura. Ogni parola è scampata alla pomice che tiene accanto al “calamaio” e questo va a suo merito, perché chi vuole essere onesto deve essere essenziale, e – d’altra parte –  chi vuol essere essenziale deve essere onesto»).

Poste queste premesse, che sono anche una sorta di ipotesi che voglio verificare anche in questo caso, spostiamo la nostra attenzione su Stella d’argento, lo speciale estivo della fortunata serie Tex Willer che da ormai quasi 6 anni fa compagnia alla storica serie Tex (che nel formato gigante – lo ricordo – esiste dal 1958!).

 

 

Stella d’argento – Tex Willer Speciale n.8

Soggetto e sceneggiatura: Giorgio Giusfredi

Disegni: Pasquale Del Vecchio

Copertina: Maurizio Dotti

 

Per gli splendidi disegni di Pasquale Del Vecchio, come intuiamo già dalla copertina di Maurizio Dotti, Giusfredi ci racconta un avvincente e toccante episodio della vita del giovane Kit Carson. Una storia praticamente ‘a solo’ in cui l’eroe eponimo compare solo nelle ultimissime tavole. Caratteristica di questi speciali di Tex Willer è la libertà dalla continuity della serie regolare del giovane Tex e questo dà anche l’agio per sviluppare storie che risultano spesso delle piccole perle (penso in particolare al numero 2 sul Sam Willer di Recchioni e Andreucci o al numero 4 dedicato interamente al giovane Mefisto) sul modello della serie dei cartonati alla francese.

Una breve sinossi senza paura di troppi spoiler (l’albo è in edicola da ormai 20 giorni, ma lo troverete ancora per tutto agosto): il giovane Kit Carson (presumibilmente prima di incontrare Tex) per conto dei rangers è sulle tracce di un altro ranger Wes Shepard che si sospetta essere uno scalpatore di indiani animato da violenza e odio razzisti contro i Comanche. Questi ultimi sono costantemente sul piedi di guerra, ma Kit ha un legame particolare con il loro capo Cuore splendente: dieci anni prima con il suo fucile Kentucky ha salvato la vita al figlio che rischiava di essere travolto da un bisonte inferocito. A questo triangolo classico pieno di tensioni tra Kit-Shepard-Cuore splendente si aggiungono due decisive figure femminili: Eve, la figlia di Shepard e Lipah, la figlia di Cuore splendente. Principesse da salvare? Non nel brutale west di metà ‘800, ma comunque portatrici di valori e femminilità rari nella prateria americana.

Narrativamente questa è l’essenzialità di cui parlavo poco sopra: i cinque personaggi ci restano immediatamente in mente e vogliamo capire come si svolgerà la vicenda.

 

 

Giusfredi ci racconta di odio e violenza (i sentimenti che uniscono Shepard e Cuore splendente) e di generosità e sincera affezione (il platonico amore tra Kit e Eve), ma pur essendoci una fine caratterizzazione psicologica, questa non ha nulla dei turbamenti, dei dissidi interiori, delle disillusioni di un romanzo moderno, bensì tutti questi sentimenti immersi nella dura realtà della frontiera non hanno spazio per divagazioni e perdite di tempo come accade infatti nel genere western sul grande e piccolo schermo (dal west classico a quello postmoderno).

 

 

La narrazione grazie ai disegni sempre puliti ed evocativi di Del Vecchio gioca su un plot cinematografico che usa anche di tecniche da lì desunte: la bellissima transizione giocata sulla stella d’argento dei ranger per il flashback del racconto dell’intervento di Kit a salvare il figlio di Cuore splendente (riguardate la prima vignetta di pagina 10 e poi andate a pagina 18… se non ci avete fatto caso subito a questa transizione, non è un problema, anzi è il bello di meccanismi non ostentati ma funzionali); un fine uso delle mezze tinte per una visione derivata da droghe sciamaniche sempre per il nostro Kit (pare proprio di cadere in un’atmosfera onirica dai confini labili); una mezza tinta più scura per il racconto conclusivo e struggente tramite le immagini della lanterna magica (e come per la bella Eve anche a noi lettori sembra che «le immagini si muovano da sole»). C’è una cura fotografica altissima che nasce evidentemente dal legame stretto tra le indicazioni di Giusfredi e il magico pennello di Del Vecchio (bellissimi come al solito sono poi tutti gli elementi del western perfettamente descritti: cavalli, bisonti, praterie, forti militari, campi indiani… tutti elementi di cui quasi non ci accorgiamo ma che danno profondità e realismo a quello che leggiamo).

 

 

Ci resta in bocca il sapore di una storia che si chiude sui toni dell’elegia (ed è vero in tanti racconti di Giusfredi, vero ma non ripetitivo): Giusfredi anticipa il dramma umano e messa in chiaro l’evidenza (ma lo sapevamo da tempo), ci offre un doppio epilogo: il primo totalmente western (con l’intervento di un carismatico Tex finalmente: «i vostri compari sono morti, ma a voi è andata bene… sparite in fretta! O li raggiugnerete all’inferno!») e il secondo che ci raggiungi dritti al cuore e lì si ferma.

Da leggere!

…e da rileggere!

 

 

 

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