Dampyr 282 è in edicola ormai, ma non potevamo in questi ultimi giorni di estate rinunciare a commentare e presentare (senza per altro più alcun problema di spoiler) Gomorya (Dampyr 281) a firma del co-creatore di Dampyr Mauro Boselli e del sempre più bravo Simone Delladio.
Leggere Gomorya non può essere fatto così con atteggiamento svogliato e poco attento: la trama si sviluppa in luoghi e tempi diversi e le tavole di Delladio sono ricchi di particolari che ci fanno immergere nella Napoli da fin du siècle in piena esplosione del Liberty e ancora ci troviamo persi tra le nebbie della Venezia ombrosa al calar del sole.
Oltre tutto Boselli si diverte a sviarci tanto che per lunga parte della lettura mi sono chiesto dove volesse andare a parare: non mi era chiaro ‘chi’ cercasse ‘cosa’, ma ciononostante qualcosa teneva unito l’intreccio e questo speciale elemento si chiarisce in realtà solo alla fine.
Ma proviamo ad andare con ordine.
Gomorya – Dampyr n.281
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni: Simone Delladio
Copertina: Enea Riboldi
La Gomorya che dà il titolo all’albo è una letale e suadente professoressa della Scuola Nera dell’Inferno e in particolare è docente di ‘sensualità e arti corporali’ (hai visto mai che materie interessanti!). Qui ovviamente per chi è a digiuno di continuità dampyriana o semplicemente un po’ smemorato è bene ricordare che almeno lo splendido speciale n.9 Gli studenti della scuola nera (di Boselli e Bacilieri) andrebbe riletto. Ma Gomorya a fine ‘800 a Napoli ha avuto una relazione con un certo Lorenzo Arrighi. Da qui morti, omicidi e sparizioni… tutto nella norma se pensiamo a Gomorya, ma in realtà qualcosa non torna fin da subito nelle azioni della co-protagonista della vicenda.
Questo cold case partenopeo si lega intanto alla ricerca di un oggetto magico: una delle sette chiavi infernali. La stanno cercando in tanti oltre a Caleb Lost e Harlan: Lady Nahema e il maestro della notte Conte Saint Germain che finora ha incrociato la strada di Harlan solo in modo tangenziale e senza contatti diretti.
Un classico turbinio di personaggi (e ne ho saltati alcuni come il piccolo vampirello non-morto napoletano o’ munaciello, Don Raffaele, Edgardo Zani, il corrispondente di Caleb nel Triveneto, il Signor Ballarin, uomo di Saint Germain…) da farci perdere la testa e la bussola.
Harlan e Kurjak ascoltano pezzi di storia e cercano di unire le tessere del mosaico grazie a Caleb a Praga e a Tesla che ha raggiunto Edgardo Zani a Venezia.
Ci aspettiamo in questo incastrarsi di storie (tutte a dire il vero con un bel tasso di mistero, orrore e morte) uno scontro finale, ma in realtà questo con iniziale sconcerto mio non avviene. Gomorya non ci pare una rivale da affrontare fin dall’inizio (pur agendo anche con violenza)… Lady Nahema non compare nemmeno e il suo scagnozzo finisce a bagno in un canale veneziano… Saint Germain entra di diritto nel novero dei maestri della notte che risultano neutrali o addirittura simpatici… e quindi?? Boselli ci ha preso in giro per 94 tavole?
Premesso che il Bos può farlo rispetto al suo personaggio… la soluzione sta nelle battute finali di Kurjak. Quella che abbiamo letta non è una storia horror o di azione, ma è un’elegia d’amore. Gomorya signora dell’Amore è vittima dell’amore per Lorenzo Arrighi attratta dalla polvere di una delle chiavi infernali che Arrighi aveva trovato in un viaggio in oriente ed era diventata parte di lui.
Un amore che macabramente continua con il simulacro imbalsamato dell’Arrighi e Gomorya come una novella Lisabetta da Messina (quarta novella della quarta giornata del Decameron) piange il suo amato per l’eternità come appunto faceva Lisabetta con la testa di Lorenzo (ma va???) ucciso dai fratelli mercanti. Testa che Lisabetta aveva staccato dal corpo morto e infilato in un vaso di basilico! Ecco a ben pensarci… apparentemente Gomorya è una storia poco horror d’azione ma dona al lettore che ne segue i fili sottili brividi macabri.
Ottima davvero la prova di Delladio. La Napoli ottocentesca illuminata dal liberty o oscura dei bassifondi, la Venezia crepuscolare priva di turisti riaccadono davanti ai nostri e poi le figure femminili di Delladio sono suadenti e affascinanti come nella Bell’epoque.
Buona rilettura!
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