Con l’albo di maggio intitolato Condanna senza appello si conclude l’ultima storia del Tex mensile edito dalla Sergio Bonelli Editore. Come per il capitolo precedente troviamo Antonello Rizzo al soggetto, Pasquale Ruju alla sceneggiatura e Rossano Rossi ai disegni.
Riassunto della puntata precedente: Tex e Carson fanno ritorno a Redrock dopo sei anni e scoprono che Rick Sanders è diventato sceriffo della città, ma è di nuovo tiranneggiato dal banchiere Holmer, sopravvissuto all’avventura precedente (Taglia: duemila dollari di GL Bonelli ed Erio Niccolò), e dal suo bieco tirapiedi Sam Spring. A complicare le cose ci si mette una banda di Apache guidata da Mandero, fratello di El Tuerto morto nella storia precedente.
Nella sua lunga e settantacinquennale carriera, Tex ha sempre visto l’alternarsi di vicende originali, di ampio respiro e ricche di personaggi e di trovate con storie più brevi, leggere e financo ripetitive, basate su un canovaccio semplicissimo e che non hanno nessuna ambizione se non quella di garantire al lettore una mezz’ora (ad albo) di sano divertimento. E meno male che è così: Tex è un eroe western di stampo classico, non può permettersi certi eccessi apocalittici come la salvezza del mondo (al massimo salva una nazione e solo in casi estremi). A volte, anzi spesso, è inevitabile che le storie propongano una sorta di minimo sindacale, il che si traduce in una trama con un capo e una coda, dei buoni disegni e il rispetto dei personaggi.
Se i disegni sono di buon livello, con la consueta professionalità di Rossano Rossi fuori discussione, e i personaggi rispettati nelle loro caratteristiche basilari, sono proprio gli sviluppi della trama ad essere troppo inverosimili per consentirci di promuoverla pienamente.
Premessa: tutte le opere di finzione presentano scene inverosimili per potersi sviluppare (la pistola del cattivo che si inceppa al momento giusto, l’incontro fortuito, eccetera). Si chiama sospensione d’incredulità, elemento necessario per godersi una qualsiasi storia. Come al solito, anche la sospensione d’incredulità si scontra con la soggettività del singolo lettore, il quale ha un proprio livello limite oltre il quale la sospensione d’incredulità non regge più.
E se proprio vogliamo trovare il difetto principale di questa vicenda esso è il reiterarsi di scene inverosimili per tutto il secondo albo.
Per esempio vi è il fatto che Tex capisce che Holmer non è morto senza che vi siano indizi sufficienti a farlo credere. Oppure tutta la scena dedicata al processo presenta diversi snodi controversi (Sanders è privo di un difensore, Tex punta la pistola contro uno sceriffo in pieno tribunale e nessuno interviene, eccetera). Infine la comparsa, nella parte finale dell’albo, di un ulteriore nemico, il magnate Goltry, che va ad aggiungersi a Spring e Holmer senza avere una vera e propria influenza sullo sviluppo degli eventi.
Detto questo, la recensione è destinata a chiudersi in fretta perché non c’è molto altro da dire: l’impressione generale è che Ruju non si sia trovato in sintonia con il soggetto di Rizzo (sintonia che invece si è verificata con Il mostro del Gran Lago Salato)e che quindi ne sia uscita una vicenda stanca e senza guizzi particolari. Per fare un paragone, magari ingeneroso, ma comunque efficace, questa storia parrebbe uscita dalla penna di un GL Bonelli o di un Claudio Nizzi entrambi nelle loro fasi calanti di carriera.
Una storia, in definitiva, insufficiente per gli standard della serie regolare, mentre invece i disegni di Rossano Rossi risollevano in parte l’esito finale, rivelandosi buoni, chiari e leggibili. Il debito con il maestro Fabio Civitelli è sempre evidente, ma il disegnatore è riuscito a trovare una propria strada più personale e a distinguersi nel panorama degli autori texiani. Nonostante una certa staticità delle immagini, la scena della sparatoria al ranch di Holmer, piatto forte dell’albo, è realizzata molto bene.
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