Quinto albo dell’anno e quinto sceneggiatore diverso (e con giungo arriveremo a 6 con Mignacco): questa volta è il turno di Diego Cajelli accompagnato ai disegni da Claudio Stassi. La maledizione di Whitby ha le caratteristiche del filler ma ovviamente nella tradizione dampyriana e quindi con collegamenti più o meno espliciti alla macrotrama (tra cui la presenza seppur sfumata di un arcinemico di Harlan).
La maledizione di Whitby -Dampyr n.254
Soggetto e sceneggiatura: Diego Cajelli
Disegni: Claudio Stassi
Copertina: Enea Riboldi
Ma veniamo ad una breve sinossi del racconto: Whitby, località inglese portuale legata al racconto del Dracula di Bram Stoker, è teatro di eventi fuori dal normale che sono legati ad una sedia maledetta (sic) di un pub. Il pub brucia ben presto nella narrazione (non è uno spoiler direi), ma gli effetti malefici della sedia sono passati all’ultimo sfortunato che è entrato in contatto con essa.
A Whitby arriva Dean Barrymore con la bella moglie Sati per un convegno stokeriano e i due vengono drammaticamente coinvolti nella vicenda della sedia maledetta. È a questo punto che Dean chiama in causa Harlan che con Kurjak arriva nella cittadina inglese.
Questo è il prologo che si sviluppa fino a pagina 46. Poi abbiamo lo sviluppo dell’azione con i vari indizi che portano Harlan allo scontro con il nemico di turno (e ovviamente anche a leggere i segni della presenza dell’arcinemico).
Non aggiungo altro al racconto (e ho già detto tanto in effetti).
La storia ha una partenza ottima che forse avrebbe meritato uno sviluppo maggiore (come ho sottolineato poco prima indicando l’ingresso di Harlan solo a pagina 46 cioè a meta della vicenda). Ma al netto di qualche pagina in più (uno speciale?) che avrebbe dato respiro alla sceneggiatura di Cajelli, la lettura risulta piacevole e scorrevole anche se su binari che conosciamo bene (anche ad esempio nella caratterizzazione della polizia locale incredula e sospettosa). Ma l’ho già detto altre volte: questa è l’altra faccia della serialità di lungo corso. Abbiamo la necessità di tante mani che lavorino sullo stesso personaggio e che esprimano le loro specificità. Gli editor e curatori lavorano a dare unitarietà ma resta ovviamente e giustamente l’originalità di ogni autore (sia per i testi sia per i disegni).
Cajelli conosce il lessico e la sintassi dampyriana e rispetta il personaggio forse esprimendosi al meglio nei flashback sul passato.
Sul fronte dei disegni ho trovato molto belli chiaroscuri di Stassi e splendide le tavole a mezzatinta. Belli anche tanti personaggi secondari resi molto vivi e con le proprie identità. Forse un po’ ripetitiva l’espressione di Harlan (anche se è la sua!!!).
Buona infine anche la turneriana copertina di Enea Riboldi.
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