Il monaco guerriero è il titolo del Tex di marzo, albo che conclude la storia iniziata a metà del numero precedente ed è scritta da Antonio Zamberletti e disegnata da Giuseppe Candita. Per entrambi si tratta dell’esordio sulla serie regolare, pur avendo già debuttato separatamente sulle testate parallele dedicate al ranger.
Il monaco guerriero – Tex n.725
Soggetto e sceneggiatura: Antonio Zamberletti
Disegni: Giuseppe Candita
Copertina: Claudio Villa
Riassunto della puntata precedente: Tex e Carson si imbattono in Lai Chen, un cinese praticante di arti marziali, coinvolto in una tragica storia di omicidio. Il giovane, giunto negli Stati Uniti per lavorare come operaio per la ferrovia, si proclama innocente, ma viene ugualmente arrestato e condotto nella prigione della cittadina di Willow. Tex e Carson si recano dallo sceriffo per cercare di capire la posizione di Lai Chen, ma entrambi si rendono conto che in città c’è del marcio e che lo stesso tutore della legge potrebbe avere le mani in pasta in qualche affare losco.
Nell’albo in questione assistiamo allo scoperchiamento del nido di serpenti: un complotto per uccidere Lai Chen inscenando una sua fuga fallisce miseramente, ma il giovane è ugualmente libero e può dimostrare la sua innocenza. Tex e Carson, pur separati, si rendono conto che Willow è una cittadina da ripulire completamente e iniziano la loro opera per fare giustizia.
Diversamente dal solito, partiamo dai disegni.
Che Candita abbia ancora bisogno di macinare miglia sulle piste del west è abbastanza evidente, dopotutto siamo alla sua seconda storia di Tex, e la prima era lunga poche decine di pagine, ma la base è buona. La figura di Carson è inquadrata rapidamente, mentre quella di Tex è ancora in fase di definizione, soprattutto per quanto riguarda l’espressione costamente seria e rigida. Niente di strano o di scandaloso visto che il volto di Tex, così privo di riferimenti fisionomici evidenti, è sempre stato quello più difficile da inquadrare per la maggior parte dei disegnatori, ma Candita esibisce ugualmente qualche primo piano davvero azzeccato. I disegni sono chiari e puliti, forse anche troppo, ma la lunghezza della storia fa pensare che forse essa era stata pensata inizialmente per il Color estivo e, se così fosse, si spiegherebbe anche la pulizia del tratto e un vago sentore di staticità delle scene, che comunque è un segno di riconoscimento di Candita, di certo lontanissimo dallo stile sporco e ruvido di altri suoi colleghi.
Ciò detto, resta quanto affermato prima: con questo suo debutto sulla serie mensile, Giuseppe Candita ha dimostrato di avere le carte in regola per potersi dedicare al ranger. Ci vorrà molto lavoro, ma la previsione è che con il passare del tempo e delle pagine riuscirà a fare breccia nel cuore dei lettori.
Per quanto riguarda la narrazione messa in piedi da Zamberletti il discorso è diversissimo.
Come al solito, il problema non è mai cosa si racconta (il cosa nel western di Tex non ha ragione di esistere visto che in oltre settant’anni abbiamo visto di tutto), bensì il come lo si racconta e in questo caso bisogna dire che qualcosa non è andato per il verso giusto.
La trama della città capeggiata dalla cricca di furfanti è un soggetto abusatissimo in Tex, ma, allo stesso tempo, è uno dei cliché cui la ultrasettantennale saga del ranger deve obbligatoriamente ricorrere per poter tenere in piedi la mole di produzione attuale. Il problema riguarda due punti: la figura di Lai Chen e, più in generale, la lotta contro la banda.
Partiamo da Lai Chen: di sicuro la presenza di un monaco Shaolin all’interno del mondo di Tex rappresenta una novità assoluta. I cinesi in quanto tali no, i monaci guerrieri invece sì. Ciononostante, la novità introdotta dalla figura di Lai Chen rimane sullo sfondo e presto scompare nelle varie pistolettate nelle praterie e per le strade di Willow. Se escludiamo un paio di brevi scene in cui Lai Chen ricorda gli insegnamenti del proprio maestro e una manciata di semplici mosse di Kung Fu, il giovane monaco è un personaggio qualunque che non aggiunge e non toglie nulla al microcosmo di Tex. Lungi da me voler vedere un monaco guerriero che compie mosse da film di Tarantino dove uccide con la pressione del pollice o che inizia a lievitare a mezz’aria, però quanto visto nella pur breve storia è veramente al minimo sindacale, o forse anche sotto.
Riguardo la lotta alla cricca di Willow, essa risulta eliminabile fin troppo facilmente e i vari sgherri non risultano mai essere un pericolo per Tex e Carson. L’aspetto poliziesco della vicenda viene archiviato quasi subito e per gran parte dell’albo si pensa quasi esclusivamente al regolamento dei conti.
Una storia senza infamia e senza lode, quindi, salvata in calcio d’angolo dai disegni di un Giuseppe Candita che, pur avendo degli ampi margini di miglioramento, dimostra già di possedere una certa dimestichezza con l’ambito western. Con una maggiore varietà della figura di Tex e con maggiore scioletezza e dinamicità nelle scene d’azione sono convinto che ne vedremo delle belle.
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