Tex l’Inesorabile di Boselli e Villa

Scritto da Francesco Benati

31 Dic, 2019

Avete mai fatto caso al fatto che molte delle cose più belle, amate e famose del mondo siano tali semplicemente per una grande botta di fortuna? Di come una casuale combinazione di idee brillanti, le quali neppure sapevano di essere tali, tempismi perfetti e, perché no, tantissima fortuna, abbiano generato delle opere amate dalle persone di tutto il mondo.

Vi basti sapere, tanto per dirne una, che l’America è stata scoperta per puro caso, visto che il buon Cristoforo Colombo aveva in mente tutt’altra destinazione. Oppure, per restare con cose più recenti, chi avrebbe mai immaginato l’incredibile e intramontabile successo di Indiana Jones? Un film pensato per essere una di quelle pellicole di serie B da vedere in televisione il sabato mattina che si è rivelato essere il primo capitolo di una lunga e apprezzata saga che va avanti ancora oggi. Oppure, per venire a casa nostra, chi avrebbe mai immaginato il grande successo di Tex?

Creato nel 1948 in assoluta sordina, destinato ad una pubblicazione secondaria e realizzato nei ritagli di tempo sia da Gian Luigi Bonelli che Aurelio Galleppini, si è imposto negli anni come fenomeno assoluto del fumetto italiano, al punto che, ancora oggi, risulta essere il fumetto più venduto d’Italia e uno dei più venduti nel mondo.

Un successo travolgente che arriva fino ai giorni nostri e che lo ha visto protagonista assoluto nell’ultima Lucca Comics dove è stato presentato, in anteprima assoluta, il volume Tex l’inesorabile, maestosa opera di 240 pagine in formato originale contenente una storia completa e inedita, il tutto sotto la solida ala della Sergio Bonelli Editore.

 

 

Tex l’Inesorabile

Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli

Disegni e copertina: Claudio Villa

Già, ma non una storia qualunque.

Quello che gli appassionati hanno potuto stringere fra le mani è il leggendario Texone di Mauro Boselli e Claudio Villa, una storia la cui genesi risale addirittura al 2002, anno in cui Villa iniziò a disegnarla. 

E qui torniamo al tema iniziale dell’articolo.

Sì, perché il fatto che questa storia sia uscita nel 2019 e in quel modo, ovvero con un’anteprima a Lucca, un’uscita in libreria e poi, a febbraio 2020, nell’edizione solita del Texone, è davvero il frutto di una micidiale serie di coincidenze.

In primo luogo, Claudio Villa ha abbondantemente rallentato la propria produzione a partire dal 1994, anno in cui venne scelto come copertinista della serie, ruolo che ricopre tutt’ora con molto successo fra i lettori. L’impegno lo ha costretto a diminuire il numero di pagine realizzate, al punto che Claudio Nizzi fu costretto, per sua stessa ammissione, a troncare il finale de L’uomo senza passato perché altrimenti la pubblicazione sarebbe stata rimandata troppo a lungo. 

Inevitabile, quindi che Mauro Boselli scegliesse per Villa una storia di soli due albi in modo da poter garantire la pubblicazione nel giro di qualche anno di questa storia inizialmente pensata per essere un normalissimo racconto del mensile. Dopo alcune decine di pagine, però, Sergio Bonelli propose a Villa di trasformare la sua storia in un Texone, decisione che, senza dubbio, ha dato maggior spinta al perfezionismo del disegnatore, il quale ha raggiunto una precisione maniacale e un continuo revisionismo delle tavole.

Poi, ecco piombare l’impegno più gravoso per Villa: la realizzazione delle copertine della Collezione Storica a Colori di Repubblica, ristampa settimanale in grande formato che, per anni, ha imperversato nelle edicole italiane e che ha provocato uno stop forzato alla produzione del Texone, produzione ripartita negli anni seguenti. Solamente nell’ultimo anno, però, Villa ha potuto dedicarsi quasi a tempo pieno all’opera, in quanto anche la realizzazione delle cartoline per la collana Tex Nuova Ristampa gli è stata tolta. 

Così, con uno scatto da centrometrista, le ultime sessanta pagine sono state portate a termine nel giro di pochi mesi.

Questo è stato un duro lavoro anche per Mauro Boselli. Divenuto curatore della testata, oltre che esserne di fatto il principale sceneggiatore dopo il progressivo abbandono di Claudio Nizzi, ha dovuto contribuire a portare avanti il Texone interrompendolo di volta in volta e ripartendo poi dal punto in cui si era fermato. Di fatto, l’opera ha preso diverse direzioni nel corso del tempo: basti pensare al fatto che, inizialmente, era previsto che i protagonisti fossero solo i due vecchi, cioè Tex e Carson, mentre poi è risultato ovvio che, visto il tipo di storia, fosse necessario inserire anche Kit Willer e Tiger Jack in modo da completare il quartetto.

Insomma, c’erano sia i presupposti per un capolavoro (due grandi autori universalmente riconosciuti come maestri del fumetto) che per un mezzo disastro (lavorazione a singhiozzo e svariati cambi di direzione).

Prima di passare a dire cosa ne penso, ecco la sinossi: la banda dei fratelli Logan fa evadere uno dei fratelli, rinchiuso nel carcere di Tucson in attesa dell’esecuzione, ferendo gravemente lo sceriffo Tom Rupert e uccidendo tre dei suoi vice. Tex e Carson, decisi a porre fine alle malefatte di quelle carogne, si mettono sulle loro tracce in una spietata caccia lungo i deserti del sudovest.

Orbene, sbrigati i convenevoli di turno, ecco la mia opinione su Tex l’inesorabile: siamo di fronte ad una delle più grandi opere del fumetto italiano, un immenso volume degno di campeggiare nelle librerie degli appassionati assieme a titoli come Una ballata del mare salato di Hugo Pratt, Il collezionista di Sergio Toppi e alle opere di Magnus, Pazienza e Battaglia. Qui, nel 2019, il Fumetto Italiano ha scritto parte della propria gloriosa Storia e lo dico senza timore di apparire tronfio o esagerato.

Partiamo dalla sceneggiatura di Mauro Boselli: snella, lineare e con un respiro epico da grande produzione hollywoodiana, con un avvio che viene preso di peso da Un dollaro d’onore di Howard Hawks, un classico del cinema western con John Wayne e Dean Martin. Si prosegue ancora nella tradizione più sfrenata dove il mito di Tex viene celebrato in ogni suo aspetto: abbiamo le lunghe cavalcate dialogate con Carson (a proposito, il vecchio cammello in questa storia è semplicemente favoloso), le missioni abbandonate, gli Apache sanguinari, gli scambi di battute con i pards trionfo di un bromance senza eguali, la sua autorità di capo dei Navajo e il suo personale senso di giustizia. 

La leggenda di Tex viene esplorata in ogni suo aspetto e colpisce la figura, centrale nella prima parte dell’opera, di Tom Rupert, elevato a emblema del microcosmo texiano composto da quei personaggi talvolta granitici, talvolta ironici e talvolta dolenti, come in questo caso, che chiedono aiuto a Tex in caso di bisogno. 

Tex, motore centrale dell’opera, quasi sempre al centro della scena e, anche quando non c’è, la sua presenza aleggia costantemente nell’aria. 

Boselli, per sua stessa ammissione, ha realizzato una storia pensata tutta per esaltare il talento di Claudio Villa ed è quasi commovente vedere come il Bos si è pian piano eclissato per lasciare il disegnatore libero di esprimersi: niente personaggi complessi e dalla psicologia approfondita come nello stile del Bos, niente storie dall’intreccio corposo e ricche di caratteristi e cambi di scena, talvolta anche repentini. 

I fratelli Logan, per quanto tutti ben caratterizzati, sono delle semplici carogne e l’obiettivo di Tex e dei suoi pards è semplicemente quello di spedirli a spalare carbone nelle miniere di Satanasso con un bel po’ di piombo caldo nel corpo. Tex e i suoi pards si comportano esattamente come dovrebbero comportarsi, energici e granitici come non mai, statue di pietra indistruttibili nonostante le ferite.

E se Boselli lascia spazio, Villa entra in campo.

Non esistono parole per descrivere la maestosità dell’intero lavoro. Non esistono parole per descrivere la capacità narrativa del simbolo vivente di Tex. Non esistono parole per parlare del minuzioso lavoro di caratterizzazione dei personaggi.

Sì, perché laddove Boselli non indugia granché nello sviluppo psicologico, ci pensano le matite di Villa a dare un volto, un corpo e, con un pizzico di fantasia, pure una voce a quei gaglioffi dei fratelli Logan, una sfilza di canaglie una peggiore dell’altra che Villa, con il suo stile iperrealista, virtuoso e anche un po’ grottesco, è abilissimo nel ritrarre.

Aprire il libro e trovarsi davanti alla pagina iniziale fa già presagire aria di capolavoro. La main street di Tucson si dipana davanti agli occhi del lettore, lo fa entrare nel racconto, gli fa percepire la polvere della strada, il sudore degli uomini che stanno lavorando al patibolo e il vociare degli abitanti che passano loro a fianco. Veniamo poi guidati dentro l’ufficio dello sceriffo Rupert, poi nel deserto, di nuovo in città e poi ancora nel deserto. 

Esaltati dall’immenso formato gigante, probabilmente il più grande fumetto io abbia mai tenuto in mano, i disegni prendono vita e si animano, regalando al lettore quello che taluni potrebbero definire un film su carta, espressione nefasta, ma che, in questo caso, quasi mi sento di poter perdonare visto che quella che abbiamo davanti agli occhi è, con qualche piccolo ritocco, la potenziale sceneggiatura di un film su Tex.

Un film del quale Villa si fa autore principale, riempiendo le pagine con i suoi bianchi e neri affilati come coltelli, con le sue figure imponenti e terribili. Per quanto siano eroi positivi, ci sono state alcune scene in cui i quattro pards mi hanno quasi fatto paura, quattro cavalieri della giustizia pronti a far risuonare le colt e i winchester quando se ne presenta la necessità. 

E non si può parlare di questo volume senza parlare del suo formato. Avete presente il formato classico dei Texoni? Ecco, vi sembreranno delle strisce anni ’50 rispetto al volume che potete trovare in libreria. La bellezza delle tavole è tale che ad una prima lettura, fatta per godersi la storia, ne seguono altre fatte per godersi i disegni, la bellezza dei chiaroscuri, l’intensità dei primi piani e le scelte stilistiche e visive. 

Io capisco che non tutti possano permettersi una spesa di questo tipo (sia chiaro, parliamo di un volume che, rispetto ad altre cose dello stesso formato, è quasi regalato) e capisco anche chi preferisce aspettare l’uscita della versione da edicola.

Lasciatemi però dire che state commettendo un grosso errore: questo Texone è uno dei punti più alti mai raggiunti dal fumetto italiano e lo è anche grazie al suo formato (come a dire che la forma è il contenuto). 

Tutte queste iperboli, tutte queste esagerazioni per dire, di nuovo, sì, Tex l’inesorabile è un capolavoro. Un capolavoro del Fumetto, un’opera che prende decenni di discussioni ed elucubrazioni su autoriale e popolare, su cultura alta e cultura, e butta tutto nel camino e gli dà fuoco senza ripensamento. 

Non è la storia più bella e non sono neppure totalmente sicuro che sia quella disegnata meglio, ma l’inaspettata combinazione di racconto, disegno e formato ha dato vita al miglior Tex di sempre.

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