Da un paio di settimane è uscito in edicola La seconda vita di Bowen, nuovo albo di Tex mensile edito dalla Sergio Bonelli Editore. Ai testi ritroviamo, dopo quasi un anno di assenza, il veterano Pasquale Ruju coadiuvato ai disegni da Gianluca Acciarino.
Come è accaduto anche per lo Zagor di questo mese (e la recensione la trovate qui), questa storia di Tex è leggibile autonomamente, ci mancherebbe altro, ma la si capisce molto di più se si va a ripescare una storia uscita un paio di anni fa intitolata Il ragazzo rapito ad opera di Tito Faraci, sempre per i disegni di Acciarino.
Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju
Disegni: Gianluca Acciarino
Copertina: Claudio Villa
Riassunto de Il ragazzo rapito: Bowen è un criminale, un assassino, anche se agisce per vendicare la morte della moglie. Nel suo peregrinare, finisce per l’uccidere il padre di un ragazzino, Tim, il quale è ignaro della cosa. Tex e Carson sono sulle tracce di Bowen e, quando sono sul punto di raggiungerlo e arrestarlo, si accorgono che fra il killer e il ragazzino si è instaurato un profondo legame padre-figlio e decidono di dare all’uomo una seconda occasione, avvisandolo che lo avrebbero tenuto d’occhio.
Detto fatto: in questa nuova storia, Tex e Carson sono a San Francisco, dove Bowen si è trasferito, lavora come guardiano presso un ricco uomo d’affari e si occupa di scortare carichi di valore. Il suo cuore batte per la bella pensionante dove vive e il piccolo Tim va a scuola. Insomma, pare che l’ormai ex fuorilegge si sia rifatto una vita. Qualcosa però va storto: una donna lo riconosce e, assieme al compagno, progetta di ucciderlo. La verità sul suo passato sta per venire a galla.
Ruju, come da par suo, si attesta su binari decisamente più tradizionali rispetto a quelli tutti improntati all’azione di Faraci e la cosa non può che farci piacere. Il ritmo, pur dovendo rispettare la gabbia dei due albi, si mantiene disteso e racconta quello che deve raccontare senza eccessive fughe in avanti.
Se proprio dobbiamo trovare una sorta di difetto su questa prima parte, è la quasi totale mancanza di azione, salvo una manciata di paginette, ma si tratta di un fattore soggettivo: alcuni lettori potrebbero storcere il naso, altri, come il sottoscritto, potrebbero apprezzare.
Il problema, a mio avviso, è che la stampa non è stata del tutto clemente con i suoi disegni. Complice forse un formato che, nel 2019, rischia di mostrare tutti i propri limiti, la resa finale del lavoro di Acciarino è inferiore alle aspettative proprio a causa di una stampa che non valorizza appieno il suo sapiente uso del bianco e nero, al punto che alcune tavole sembrano un po’ pasticciate.
Per ora, godiamocela.
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