Autunno caldo – Cani sciolti n.7 (maggio 2019)

Scritto da Paolo M.G. Maino

16 Mag, 2019

Milano, autunno del 1969 vuol dire raccontare di un fatto che ha sconvolto la città, l’Italia e probabilmente tanti altri paesi del mondo: la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre e con Autunno caldo ci arriviamo proprio a ridosso seguendo le vicende dei sei ragazzi che si sono conosciuti nelle prime contestazione universitarie della primavera del 1968. Il racconto è infatti scandito da un inquietante succedersi di date che dal settembre del 1969 ci portano all’11 dicembre dello stesso anno, la vigilia della strage (e La strage è il titolo del prossimo numero in uscita a giugno).

 

Autunno caldo – Cani sciolti n.7

 

Soggetto e sceneggiatura: Gianfranco Manfredi

Disegni e copertina: Roberto Rinaldi

Continua quindi con un albo dalla forte carica emotiva e privo questa volta di qualsiasi salti temporale il racconto del passato di Lina, Marghe, Pablo, Turi, Deb e Milo, i Cani sciolti che danno il titolo a questa coraggiosa miniserie ideata da Gianfranco Manfredi e inserita nella linea Audace della Sergio Bonelli Editore.
La serie costituita da albi di 64 pagine presenta storie che pur nella strettissima continuity (e del resto non potrebbe essere diversamente) si legano a coppie di due di fatto creando segmenti narrativi di 120 pagine al netto dei ricchissimi redazionali di Manfredi. E, a mio giudizio, pur non dispiacendomi del tutto l’esile formato da 64 pagine che invoglia ad una lettura più rapida, devo dire che il respiro della storia finora si è potuto apprezzare pienamente solo proprio nel pieno sviluppo delle 120 pagine; in sostanza il primo numero di ogni coppia è spesso un po’ troppo strozzato e bloccato nella sua natura proemiale e ha bisogno del secondo numero per poter essere riletto con maggior gusto. Ma, e c’è un ‘ma’, quanto fin qui ho detto non vale per Autunno caldo, un numero in cui succedono tante cose (molte più del solito), un numero che è policentrico come naturale in una serie così corale, un numero che è – come già detto – segnato dalla sensazione di una incombente tragedia al netto di possibili segnali positivi anzi i segnali positivi privati o pubblici (l’attesa di una nuova vita, l’atto creativo di una canzone, la condivisione di una lotta per nuovi diritti, la firma del nuovo statuto del lavoratore) sembrano sospesi su un filo che sta per spezzarsi.
Manfredi mostra di aver preso dimestichezza coi personaggi e ha ormai pieno controllo dei ritmi della sceneggiatura e alterna sapientemente preoccupazioni politiche e sociali a drammi individuali, momenti di tensione a giochi e ironia, scene da noir (alla Tre giorni del condor per intenderci) alla commedia all’italiana.
E poi più ancora che nei primi due numeri sulla primavera universitaria, c’è un altro protagonista: Milano. La città più moderna e dinamica ma anche piena di contraddizioni (forse ancora più forti alla fine degli anni sessanta rispetto all’oggi) è teatro che determina le azioni e le reazioni con i suoi luoghi simbolo (le case di ringhiera, le periferie anonime, le fabbriche a Nord nella zona di Sesto, il Bar Magenta, la biblioteca Sormani, i giardinetti davanti alla Statale e quelli vicini alla Sormani, la clinica Mangiagalli, tram e metropolitana…). E la scelta per rappresentare questa Milano è caduta in modo perfetto su Roberto Rinaldi, fumettista e illustratore di fama che collabora da tempo con la Bonelli e soprattutto ormai notissimo per la sua collaborazione con la Gazzetta dello Sport. Roberto da milanese quale è ricostruisce perfettamente ambienti e luoghi e fornisce una prova senza fronzoli che aiuta il lettore a seguire le vicende. Questo vuol dire saper disegnare fumetti, ‘la letteratura per immagini’!

 

 

Autunno caldo non è un albo facile perché parla più ancora degli altri di politica e racconta di tensioni che hanno portato a tragedie immani e prodotto ferite forse non del tutto sanate, ma ancora una volta Manfredi, che pure ha ovviamente ben chiare le sue posizioni e i suoi giudizi, non si muove in modo fazioso e ideologico proprio perché resta fedele alla volontà di raccontare reazioni, sentimenti, dubbi, desideri, scelte, vittorie e sconfitte innanzitutto dal punto di vista personale e con la domanda sincera di capire che cosa resta di quegli anni. Domanda che trasmette al lettore, o meglio al lettore che accetta la sfida di leggere un fumetto che si conferma ‘audace’ e ‘nuovo’ pur nel suo guardare al passato.

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