È con significativa trepidazione che vi presento questa recensione del numero 1 della ristampa cronologica a colori in formato Bonelli della saga dello Spirito con la Scure. La trepidazione nasce dall’essere uno ‘zagoriano’, magari non da tanti anni, ma da quando è nata la passione per Zagor non si è più fermata ed è passata anche a mio figlio maggiore e poi nasce dal fatto che a scrivere questa recensione per FumettiAvventura è Andrea Cipollone, con cui è nata una sincera amicizia prima sui ‘social’ e poi nella realtà proprio a partire dal comun denominatore della zagorianità. Per cui lo ringrazio per il tempo che ha dedicato a questo testo e buone avventure di Zagor e Cico a tutti! (Paolo MG Maino)
Sono passati un po’ di anni dall’ultima volta in cui ho letto La foresta degli agguati ed è la prima volta che lo faccio con la prospettiva di scriverne, pertanto credo sia dovuta qualche considerazione preliminare a questa prima recensione o, come preferisco chiamarla, scheda di lettura.
Mi soffermo solo il minimo necessario sulle caratteristiche di questa edizione, già promosse a pieni voti da tantissimi appassionati: realizzato nel solco della collana Tex Classic, l’albo si è fatto notare per un maggiore impatto visivo in termini di luminosità e sopratutto di maggiore “bonellianità” grazie alla felice scelta delle 80 pagine.
Inoltre il proporre le copertine realizzate da Gallieno Ferri per la collana Lampo è un immediato fattore di fascino, a cui si aggiunge il bel poster allegato, senza dimenticare le meraviglie della Darkwood Box: quanto basta insomma per poter dire che dal punto di vista editoriale il lancio di questa nuova collana è centrato in pieno.
La foresta degli agguati – Zagor Classic n.1
Soggetto e sceneggiatura: Guido Nolitta
Disegni: Gallieno Ferri
Per passare alla storia, La foresta degli agguati è il mito fondativo della saga di Zagor e un punto di svolta della storia del fumetto: mi accosto ad essa e seguendo il doppio binario di una lettura ingenua come se dal punto di vista dei contenuti non conoscessi i legami con tutto ciò che avverrà successivamente (ma pronto a cadere in contraddizione ogni volta che mi verrà comodo fare riferimento al ritorno di un personaggio o di una situazione) accompagnata tuttavia da osservazioni che non possono non risentire di una qualche conoscenza dell’universo zagoriano. Questa premessa vale tanto per quello che scriverò qui che per le future schede, se ce ne saranno.
La foresta degli agguati ha un incipit in medias res, senza preamboli, secondo quello che è e sarà per tanti anni il classico modello bonelliano di inizio di una saga: il protagonista appare senza presentazioni e solo dopo anni verranno raccontate le sue origini, al punto che le storie ambientate nel passato degli eroi Bonelli rappresenteranno sempre dei veri e propri eventi.
Il modello del supereroe americano è invece solito presentare le origini del protagonista nella prima storia.
Quello che si racconta qui è comunque a tutti gli effetti un punto di origine perché racconta l’evento fondamentale della saga di Zagor e della sua economia narrativa: l’incontro tra Zagor e Cico.
È infatti il pancione messicano ad aprire le danze e a preparare la scena allo Spirito con la scure, che si fa attendere per parecchie strisce rendendo così indimenticabile il suo ingresso.
Il mattatore indiscusso di queste prime pagine è proprio Cico, che da subito sembra pronto a ritagliarsi il suo spazio non di semplice spalla comica ma di vero e proprio coprotagonista: del resto possiamo ritenerlo il terzo grande personaggio creato da Nolitta con Zagor e Mister No, e il primo in ordine di apparizione. Il piccolo uomo dal grande ventre, nome che gli verrà attribuito dalle tribù indiane, si mostra in tutti i suoi aspetti, dalla bonaria cialtroneria al senso di responsabilità non privo di eroismo (caratteristiche di cui non ci si dimenticherà negli anni successivi, Moreno Burattini in primis le utilizzerà spesso): già in questo primo albo vediamo Cico salvare la vita a Zagor (che non si presenta quindi come l’eroe infallibile) ed essergli di aiuto fondamentale in un paio di altre occasioni (come controfigura e poi nel momento della fuga dai Delaware).
Molti degli elementi narrativi fondamentali del mondo di Zagor sono già presenti, anche se verranno perfezionati nei mesi e addirittura negli anni successivi; del resto ” Zagor” è una serie in continua evoluzione che ha sempre avuto una sua forma di continuity:
– Zagor appare già con piena consapevolezza del ruolo di mediatore, uomo di pace, nemico delle ingiustizie che ha scelto di essere;
– assistiamo già la prima delle tante apparizioni che il nostro eroe inscena per rafforzare la sua identità di emissario del Grande Spirito;
– I nemici della vicenda sono un bianco e un indiano, a sottolineare l’equidistanza da entrambi i popoli subordinati alle superiori ragioni della missione di Zagor che è la realizzazione della pacifica convivenza. L’imparzialità del protagonista certamente non cade in contraddizione con il doveroso riconoscimento a Zagor di essere uno dei primi fumetti (ancorché tredici anni dopo Tex che ha tracciato uno stesso solco) ad aver rappresentato con obiettività e attenzione la questione indiana.
– Nello specifico James Regan è un cialtrone senza qualità, non certo un genio del male; messo facilmente fuori uso da Cico e i suoi amici in una sequenza molto divertente, si rivela un personaggio gretto e vendicativo, il primo nemico con cui Nolitta ci mostra subito la sua lezione narrativa e la sua visione del mondo: la commedia, anche nei suoi risvolti più comici può, nella maniera più inaspettata, tradursi nella più dura e terribile tragedia. Regan è la banalità del male, un uomo per cui l’ umiliazione in una scaramuccia senza significato diventa un’ onta da lavare nel sangue. Il suo alleato indiano Kanoxen si rivelerà un personaggio più complesso e carismatico.
– Vengono già introdotti alcuni fondamentali luoghi della geografia Zagoriana: la storia comincia a Pleasant Point e da subito vengono citati Fort Henry (nel quale si ha l’occasione di imbattersi in un altro elemento costitutivo, l’amicizia tra Zagor e i trapper) e Fort Pitt; soprattutto compare la palude di Mo-hi-la con tutto il suo inquietante corredo di teschi e sabbie mobili.
A questo punto passo a qualche nota linguistica che credo possa risultare interessante:
– Non c’ è ancora una stabilità di quello che diventerà il canone delle esclamazioni tipiche dei due protagonisti; Cico (già presentato con tutto il nucleo fondamentale dei suoi nomi di famiglia) dice “Caramba” senza aggiungere ” y carambita” e la tradizionale “Per tutti gli intrugli di mio nonno farmacista” subisce la concorrenza di una più anonima “Per la barba di mio nonno”. Già presente l’esclamazione più caratteristica di Zagor, “Per mille
scalpi!”, che però arriva seconda dopo un sorprendente “Per mille bisonti!”;
– Il linguaggio di Nolitta, pur presentando una certa verbosità figlia dei tempi, funziona ancora benissimo e non perde la sua freschezza col trascorrere dei decenni.
Due tracce dell’appartenenza ad un’altra epoca sono certi passaggi figli di una solida educazione letteraria (“riuscirò a infliggere loro il giusto castigo” laddove oggi Zagor direbbe più probabilmente qualcosa come ” la pagheranno cara” ) e qualche espressione che oggi definiremmo politicamente scorretta ma che è più probabilmente figlia dei cliché linguistici dell’epoca: se suona strano sentire Cico che definisce Regan “rinnegato” quando si accorge della sua alleanza con gli indiani (ma Cico ha l’ attenuante generica di essere estraneo ad un mondo che capirà nelle sue sfumature con un lungo processo educativo a fianco del suo nuovo amico) risulta decisamente più stonato il “Musi rossi” pronunciato da Zagor. A voler trovare una spiegazione interna alla narrazione, possiamo pensare che il giovane Zagor, ancora impulsivo, si lasci andare a certe definizioni pur non condividendo il reale significato che veicolano.
– È curioso che Zagor dia subito del tu a Cico mentre quest’ultimo, per il passaggio dal voi al tu, aspetti di avergli salvato la vita.
I disegni di Gallieno Ferri sono già una prova molto buona, ancora all’insegna di quel ” pieno” che gli veniva richiesto per i suoi lavori francesi, quindi ben lontani dai suoi capolavori di dinamismo narrativo ed essenzialità. Certe soluzioni grafiche sono ancora provvisorie: le fisionomie dei protagonisti cambieranno così come spariranno l’enorme sombrero di Cico (e anche la sua pettinatura con riga centrale), i polsini di Zagor che già appaiono a intermittenza.
Della splendida copertina si è già detto, mentre occorre aggiungere che le vignette di p.78 con il tuffo di Zagor sono una bellissima promessa di futuri capolavori del Maestro. Ad emergere fin da subito è la celebrata capacità di variare i registri rendendo i personaggi credibili nel racconto umoristico quanto in quello drammatico, cosa evidente soprattutto nel personaggio di Cico.
A conclusione di questa scheda, in cui l’ entusiasmo della prima volta mi ha portato ad una lunghezza imprevista, segnalo che (della ormai vasta letteratura critica zagoriana) ho consultato maggiormente i redazionali di Raffaelli, Frediani e Burattini pubblicati sulla Collezione Storica di Repubblica e il volume Zagor Index 1- 100 a cura di Angelo Palumbo e Stefano Priarone.
Vi do appuntamento (forse) al prossimo numero di Zagor Classic!
Di Andrea apprezzo, oltre alla grande capacità che ha di saper scrivere bene, la lucidità con cui esamina e osserva tutto, cosicché la sua recensione non è evasione o sfogo sentimentale ma un'analisi precisa, una scheda di lettura dove ogni concetto è espresso con parole dosate, motivate, controllate e con una aggettivazione misurata e precisa.
Condivido ogni parola di quello che hai scritto Anna!