Pur con qualche settimana di ritardo dovuta sia alla distribuzione ballerina che ad alcuni miei periodi di riposo, ecco arrivare la recensione di Piombo e oro, il nuovo Color Tex estivo edito dalla Sergio Bonelli Editore contenente una storia unica e inedita di Tex di 160 pagine scritta da Pasquale Ruju, finora mattatore quasi totale dell’annata texiana, e disegnata da Sandro Scascitelli.
Piombo e oro – Color Tex 13
Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju
Disegni: Sandro Scascitelli
Colori: Oscar Celestini
Tex è uno di quei personaggi talmente forti da dominare la scena con la sua semplice presenza. A volte non è neppure importante la trama perché Tex è così potente che riesce quasi a far accadere le cose. E questo è un po’ quello che succede con Piombo e oro.
Sinossi: Tex e Carson giungono in Messico sulle tracce di un pericoloso bandito di nome Channing, il quale, messosi in società con il possidente Malvado, spadroneggia sugli abitanti di un pacifico villaggio utilizzando i propri sgherri, guidati da cecchino tedesco Krauser, per mantenere il potere. Ovviamente l’intervento di Tex e Carson farà sì che i progetti dei due soci vadano a monte.
Diciamocela tutta: la storia del proprietario terriero che spadroneggia indisturbato sui pacifici abitanti di un piccolo paese è stata raccontata in tutte le salse possibili e, in una serie come Tex, l’unica cosa da fare è raccontarla di nuovo. Si tratta di uno di quei cliché texiani che è sempre un piacere riscoprire.
Anche se di storie come questa, e infinitamente migliori, ne sono state pubblicate a tonnellate, si tratta di un tuffo nel passato che i lettori storici sicuramente apprezzeranno.
Ruju quindi ha gioco facile, per così dire, nel riproporre uno schema visto cento volte e che verrà ripetuto almeno altrettanto. Fedele custode della tradizione texiana, l’autore sardo propone una storia senza particolari vette e neppure senza cali qualitativi. Consueta buona gestione del ritmo, consueti dialoghi ben studiati (…ma non manca qualche errore di lettering) e sviluppo coerente e che non presta il fianco a vuoti di sceneggiatura.
Insomma, un Tex di maniera che si crogiola nella propria tradizione senza volersi arrischiare a proporre qualcosa di nuovo, o perlomeno di poco visto. Sì, perché tutto questo Color, dalla prima all’ultima tavola, è il trionfo della prevedibilità, se si esclude la figura del cecchino Krauser, vero antagonista della vicenda.

Più in generale, io credo che sia proprio la formula del Color estivo a non funzionare più come ai primi tempi. I primi volumi mantengono una freschezza ancora ineguagliata, quelli seguenti sguazzano nel manierismo più sfrenato. Dovendo scegliere quale collana eliminare, eliminerei il Color lungo, lasciando invece quello con le storie brevi dove si possono cogliere spunti molto più interessanti.
Sandro Scascitelli, pur essendo un bravissimo disegnatore, sembra non essere del tutto a proprio agio tra le pagine del ranger, benché questa sia già la sua terza storia. I disegni sono generalmente statici e la figura di Tex non è del tutto centrata: troppo monolitica, troppo monoespressiva. Tex non è uno sbirro alla Callaghan, bensì un uomo che non lesina sorrisi e battute ai suoi fidi pards, in particolare Carson. Certi disegnatori, invece, tendono a disegnarlo sempre con il broncio. Aldilà di questo, Scascitelli offre comunque una prova tutto sommato nella media.
Un Color estivo senza infamia e senza lode su tutti i fronti, insomma. Una lettura indirizzata perlopiù al lettore ultrafedele e tradizionalista che di Tex compra tutto e che vuole ritrovarlo sempre uguale senza troppe variazioni.
Per questa volta va bene così, però per il futuro ci auguriamo che la collana del Color estivo ritrovi quella ventata d’ispirazione tipica di albi come E venne il giorno, Lo sciamano bianco e Delta Queen.
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