A inizio anni ’90 Sergio Bonelli ebbe l’idea di lanciare una collana annuale, l’Almanacco, un volume stampato su carta pregiata dove, oltre a una storia inedita dei vari personaggi Bonelli, sarebbero comparsi articoli e redazionali sulle principali uscite cinematografiche e librarie dell’anno in corso (con il passare del tempo si sono aggiunti anche i videogiochi).
Il progetto ambizioso, purtroppo, con il passare del tempo ha mostrato tutta la sua fragilità: l’avvento massiccio di Internet ha letteralmente mandato in fumo tutta la questione redazionale, la quale presentava, con mesi e mesi di ritardo rispetto ai siti specializzati, recensioni di film, libri e videogiochi usciti nel corso dell’anno. Senza contare che le storie presentate sugli Almanacchi hanno sempre dato l’idea, almeno al sottoscritto, di essere autentici saldi della serie regolare.
Discorso più o meno simile vale per Tex: spesso l’Almanacco del West è stato il banco di prova per i nuovi disegnatori, oppure per ricollocare autori troppo lenti che non potevano reggere i ritmi della serie mensile. Alcuni anni fa la pubblicazione degli Almanacchi si è interrotta e da un po’ di tempo sono nati i Magazine, tutto sommato molto simili nell’aspetto e nello spirito, anche se le famose recensioni sono andate, più o meno giustamente, a ramengo per lasciare più spazio al fumetto e agli approfondimenti.
La storia tradizionale è scritta a quattro mani da Diego Cajelli, veterano della SBE qui al suo esordio con il ranger, e da Tito Faraci, collaboratore di Tex da un decennio buono, mentre i disegni sono affidati a Luca Vannini, qui alla sua seconda prova con Tex dopo una storia breve contenuta in un Color Tex di qualche anno fa.
Iniziamo con il dire che il mio giudizio su questa storia è “falsato” da un mio gusto personale: non ho mai amato particolarmente le storie di Tex da un solo albo. Io sono uno che non ama le mezze misure, quindi o si tratta di storie brevi da poche decine di pagine, oppure storie-fiume da due, tre o più albi. Quelle ad albo singolo mi sono sempre state un po’ indigeste, tranne un paio di eccezioni.
Questa storia si rivela essere senza infamia e senza lode: Tex e Carson decidono di scortare Archie, il detenuto modello del titolo (con un deus ex machina piuttosto discutibile) in permesso speciale, il quale è tenuto d’occhio da un gruppo di banditi intenzionati a fargli la pelle. I banditi sono stati assoldati da un ricco uomo d’affari che intende vendicare un torto causato proprio da Archie molto tempo prima. A complicare ulteriormente le cose ci si mette pure una banda di Comanche sulle cui tracce Tex e Carson sono da parecchio tempo.
Veniamo invece alla storia breve, la quale vede Tiger Jack protagonista indiscusso impegnato contro un quartetto di spietati cowboys. La storia è fulminante e senza fronzoli, qualche pagina d’apertura per capire bene i personaggi e poi è tutto un susseguirsi d’azione che si conclude con un drammatico finale al villaggio navajo. La vicenda tratteggiata da Mignacco forza parecchio la sospensione d’incredulità del lettore, soprattutto per quanto riguardo il come Tiger arrivi a scoprire l’identità dei cowboys. Questo è l’unico difetto, per quanto non da poco, di una storia breve davvero avvincente, soprattutto per il fatto di mettere sotto i riflettori il pard che mi è sempre sembrato più sacrificato.
Anche qui, ad innalzare ulteriormente il livello della storia, ci sono i disegni di Giovanni Bruzzo, ormai veterano di Tex, il quale realizza un Tiger Jack sorprendentemente vicino al modello di Claudio Villa, pur conservando il proprio tratto specifico. Anche qui, grande prova, ma francamente ormai pare superfluo dirlo, visto che praticamente tutti i disegnatori di Tex sono dei grandissimi artisti.
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