Ci abbiamo messo un po’ di tempo perché sarebbe stato un errore parlare di questo volume a mente calda, ma finalmente la recensione de Per l’onore del Texas, l’ultimo Texone firmato da Mauro Boselli al soggetto e alla sceneggiatura e da Maurizio Dotti ai disegni è qui.
Anni di lavorazione per un Texone a lungo atteso e che da un mese abbondante è sugli scaffali delle edicole, ovviamente sotto il marchio della Sergio Bonelli Editore.
Per l’onore del Texas – Texone n.39
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni e copertina: Maurizio Dotti
Redazionali: Graziano Frediani e Luca Barbieri
Sinossi: Tex Willer e Kit Carson raccontano del periodo della Guerra Civile americana quando Tex agiva con Damned Dick e Carson era ancora un ranger solitario. I due si troveranno coinvolti nella difesa dei coloni texani della valle del Nueces, perlopiù immigrati di origine tedesca e antischiavisti all’interno di uno Stato, il Texas, che ha aderito alla Confederazione sudista. Affiancati dalla bella agente Pinkerton Kate Warne, i giovani Tex e Carson dovranno lottare contro tutto e tutti per impedire un massacro.
Un errore parlarne a mente calda, dicevamo. Sì, le motivazioni sono sostanzialmente due: innanzitutto, questo è un Texone che richiede più letture per essere compreso appieno. Non che sia difficile da seguire, intendiamoci, ma non va letto a cervello spento. La seconda motivazione, strettamente connessa alla prima, è che questo è un Texone che ha inevitabilmente diviso i lettori fra chi lo ha amato e chi invece lo ha odiato, additando come motivazione proprio il suo essere molto intricato, con più piani narrativi che si sviluppano.
Approfondiamo questo punto: Tex e Carson rievocano, sia pure seduti allo stesso tavolo, avvenimenti che li hanno visti protagonisti in circostanze diverse. Ergo, Tex racconta solo ciò che ha vissuto di persona e idem Carson. Il risultato è una narrazione che procede su più livelli, con i racconti di Tex che si affiancano e avanzano quelli di Carson e viceversa (un piccolo inside joke inserito da Boselli: a un certo punto è lo stesso Kit Willer a segnalare la questione).
A parere di chi scrive questo non è per forza un difetto: l’autore di questa recensione ama le narrazioni dagli intrecci complessi, con più linee narrative che si evolvono fino a incrociarsi, tuttavia è anche vero che non tutti, legittimamente, apprezzano storie di questo tipo preferendo invece approcci più lineari e che non richiedono troppa concentrazione.
A mente fredda, dopo un iniziale entusiasmo, possiamo dire che questo è il limite principale del Texone: non è un volume pensato per essere letto in totale rilassatezza. Occorre mantenere la mente vigile, tenere nota dei numerosi personaggi, delle loro motivazioni e dei loro schieramenti e, soprattutto, bisogna seguire una narrazione non lineare che può risultare sfidante per alcuni lettori. Tuttavia, non si può non parlare del fatto che, una volta superato questo scoglio, magari anche con una seconda o terza lettura, la potenza narrativa del Texone esce in tutta la sua forza. Boselli ha costruito una vicenda che si muove inesorabile, le pagine calcolate con il bilancino e con tutta l’esperienza di sceneggiatore di cui è capace (pur con un piccolo errore di continuity interna). Questo volume è, se vogliamo, la quintessenza del Boselli-pensiero, l’emblema stesso del suo modo di scrivere fumetti.
E non è un caso che il vero protagonista della vicenda sia nientemeno che quel Kit Carson che Boselli stesso portò ai massimi fasti nel 1994 con Il passato di Carson. A ventinove anni di distanza, sembra quasi che Boselli voglia ribadire che Carson è roba sua e che nessuno lo sa valorizzare come lui.
Sul versante disegni, possiamo dire che Maurizio Dotti ha portato a coronamento una carriera di fumettista di tutto livello. Gli esordi in Bonelli negli anni ’90, proprio su Tex dove ha fatto le matite per Glorieta Pass (chine di Alarico Gattia), la militanza su Zagor prima e Dampyr poi e, infine, il naturale passaggio a Tex.
Il tratto pulito e realistico di Dotti si presta bene all’immaginario western di Tex e se le prove precedenti erano tutte di buon livello, possiamo dire che qui Dotti ha raggiunto l’eccellenza. Lo si vede negli intensi primi piani (quello di Kit Carson segna già un canone con il quale i disegnatori di prossima generazione dovranno confrontarsi) e nelle turbinose scene d’azione, soprattutto nella parte finale dell’albo.
A corredo di tutto (e che corredo!) gli articoli a firma di Graziano Frediani e Luca Barbieri, da leggere rigorosamente dopo aver terminato il Texone, che impreziosiscono e approfondiscono gli argomenti trattati nel volume.
Il Texone di quest’anno è senza dubbio un oggetto narrativo molto affascinante e complesso. Non tutti i lettori potrebbero essere disposti ad accettare la sfida della lettura, ma coloro che riusciranno ad approcciarsi all’albo nel modo giusto ne trarranno grande soddisfazione.
Texone veramente splendio, da tanto non leggevo una storia così bella!