Questa volta ci siamo presi più tempo del dovuto per realizzare la recensione di Passato e futuro, l’ultimo Zagor mensile che conclude la storia doppia iniziata il mese scorso con Kandrax!. Ai testi troviamo Claudio Chiaverotti, al suo esordio assoluto sulla testata, al soggetto e alla sceneggiatura, mentre i disegni sono opera di Marco Torricelli, attualmente il disegnatore con più anni di attività sulle pagine dello Spirito con la Scure.
Passato e futuro – Zagor n.661
Soggetto e sceneggiatura: Claudio Chiaverotti
Disegni: Marco Torricelli
Copertina: Alessandro Piccinelli
Per chi se ne fosse scordato, Kandrax è uno dei principali nemici di Zagor e ha incrociato la sua pista per tre volte: la prima, ad opera di Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, è e resta tutt’ora la storia più amata dai lettori, mentre la seconda, intitolata La vendetta di Kandrax, è opera di Daniele Nicolai, uno sceneggiatore che affiancò Marcello Toninelli, all’epoca sceneggiatore quasi unico della testata. Le prime due storie vennero disegnate esclusivamente da Gallieno Ferri, mentre la terza, scritta da Mauro Boselli, si compone di tre parti distinte affidate ad altrettanti disegnatori: i compianti Ferri e Carlo Raffaele Marcello per la parte iniziale e conclusiva, mentre quella centrale fu opera di Torricelli.
Dall’ultimo incontro sono passati quasi vent’anni e di acqua ne è passata sotto i ponti.
Questa volta il testimone alla sceneggiatura passa a Claudio Chiaverotti, celebre autore di personaggi come Brendon e Morgan Lost e a lungo scrittore di Dylan Dog.
Nel primo albo, Kandrax ha trascinato Zagor in un mondo alternativo in cui lo Spirito con la Scure non è mai esistito perché il druido lo ha rapito quando era piccolo e ne ha fatto un suo strumento di morte. Zagor dovrà lottare da solo, senza alleati, per ristabilire la pace e tornare nel proprio mondo.
Nel secondo albo si assiste alla lotta tra Zagor e Kandrax, una lotta senza esclusione di colpi con alcuni momenti particolarmente drammatici.
I motivi per cui ho ritardato tanto a recensire questa storia sono fondamentalmente due: il primo è che l’ho letta in ritardo perché è uscita durante le mie vacanze. Il secondo è che questa è una storia che va metabolizzata. Sì, perché dai lettori si è levato un coro elevatissimo di proteste per quella che a, detta di molti, è una storia raffazzonata, scritta male e che si svolge troppo in fretta.
Mi permetto di dire che, al contrario, la ritengo una storia con un inizio, una parte centrale e una fine tutte ben incasellate e che, benché un certo ritmo serrato nello svolgimento abbia colpito anche me, ritengo che nelle 188 pagine della storia ci stia tutto senza troppi problemi.
Chiaramente avrei preferito anche io che tutto si spalmasse su tre albi in modo da digerire meglio il racconto, ma questo credo sia dovuto al fatto che io e tutti i lettori di Zagor siamo abituati ad associare lo Spirito con la Scure a certi ritmi narrativi. Come ho detto nella mia recensione dell’albo precedente, in Zagor tutto è lungo: sono lunghe le scene d’azione, sono lunghi i dialoghi, sono lunghe le spiegazioni, è lungo tutto. Zagor è, come Tex, un personaggio i cui ritmi del racconto sembrano quasi simulare la vita reale. L’attore e regista Roberto Benigni diceva sempre di invidiare Tex per tutto il tempo libero che aveva a disposizione per bere il caffè.
Chiaverotti, invece, è abituato a scrivere storie da 94 o 64 pagine, ha una concezione diversa del ritmo e dello svolgersi degli eventi: per i suoi standard, questa è una storia lunga. Il ritmo che ha impresso al racconto è quello che dedica anche a Brendon e Morgan Lost. Anzi, volendo è addirittura più dilatato.
Magari è solo un’impressione, ma forse sarebbe stato più opportuno assegnare a Chiaverotti delle storie più brevi e meno impegnative, magari per un Maxi de I racconti di Darkwood o per un Color e solo dopo affidargli il ritorno di Kandrax, personaggio amatissimo dai lettori.
Sui disegni di Torricelli, invece, il consenso è stato pressoché unanime, anche se molti, delusi dalla storia, hanno giudicato al ribasso anche i disegni. Il lavoro svolto dall’autore è sopraffino e testimonia il livello di sintesi e di studio raggiunto da uno dei migliori disegnatori italiani che, inspiegabilmente, non ha mai raggiunto il grado di notorietà di tanti suoi colleghi benché il suo talento e la sua tecnica siano indiscutibili.
In conclusione, si tratta di una storia che ha spaccato in due i lettori di Zagor tra chi l’ha apprezzata, talvolta anche molto, e chi invece la definisce tra le peggiori di sempre. Come avrete capito, io mi schiero tra i primi.
Alla prossima recensione!
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